Il 31 luglio, il ministero della Difesa cinese ha organizzato un ricevimento nella Grande sala del popolo a Pechino, dove si riunisce l’assemblea legislativa del Partito comunista cinese, per celebrare il novantottesimo anniversario del cosiddetto “Esercito Popolare di Liberazione”, ovvero le forze armate che rispondono agli ordini del Partito. Ad attirare l’attenzione non sono stati i discorsi, ma chi mancava all’evento. Rispetto all’elenco degli invitati dell’anno precedente, l’assenza di numerosi generali di alto rango era evidente. In totale, almeno una decina di alti ufficiali, tra cui diversi generali, sono scomparsi dalla vista pubblica, rimossi dai loro incarichi o finiti sotto indagine negli ultimi mesi. Questa ondata di sparizioni segue uno schema preciso.
Dal ventesimo congresso del Pcc alla fine del 2022, le forze armate del regime hanno attraversato almeno quattro grandi epurazioni. I casi più eclatanti hanno coinvolto funzionari ai vertici della gerarchia militare, figure un tempo considerate stretti alleati del leader del Pcc Xi Jinping in persona. L’ampiezza di questo sconvolgimento è senza precedenti negli ultimi decenni. In meno di tre anni, il comando supremo dell’esercito cinese ha perso una porzione significativa della sua dirigenza. Secondo alcune stime, dalla fine del 2022 più di 40 generali – in servizio e in congedo – sono stati epurati, messi in un angolo o rimossi in silenzio. Il Cercius Group, un think tank canadese specializzato in questioni cinesi, ha valutato alla fine del 2023 che il numero reale potrebbe essere ancora più alto, intorno ai 70 generali.
Ogni epurazione ha colpito alti ufficiali di diversi settori – dalla Forza missilistica (che gestisce l’arsenale nucleare cinese) alla Marina, all’Esercito e alla polizia. Lo schema è un impressionante concatenazione di epurazioni in cui la precedente innesca la successiva. Alla fine del 2022, un’indagine capillare sulla Forza missilistica ha portato alla rimozione di un gran numero di ufficiali superiori. Nel novembre 2024, il capo del Dipartimento del lavoro politico della Commissione militare centrale del Pcc, l’ammiraglio Miao Hua – responsabile delle nomine e delle promozioni dei vertici dell’esercito – è stato bruscamente destituito. Nel giro di settimane, la stessa cosa è successa ad altri ufficiali. Nel marzo 2025, uno dei due vicepresidenti della Commissione, il generale He Weidong, è sparito, scatenando un’ulteriore serie di rimozioni.
Il tono usato dagli organi di propaganda del regime fa capire l’entità dello sconvolgimento in atto. Il mese scorso, il quotidiano portavoce dell’Esercito popolare di liberazione ha annunciato nuove regolamentazioni per «eliminare veleni tossici» e «ricostruire la credibilità politica dei quadri» – un eufemismo per l’epurazione di ufficiali accusati di “corruzione”. Il bilancio è evidente ai massimi livelli. Dei sette membri della Commissione militare centrale nominati dopo il ventesimo congresso del partito, ne rimangono solo quattro. Le promozioni per colmare questi vuoti sono ferme. Quest’anno, la Giornata dell’esercito è trascorsa senza il consueto annuncio di nuovi generali a pieno titolo, un’omissione che indica incertezza o paralisi nel processo di avanzamento.
Il Pcc presenta l’esercito come una forza leale e disciplinata, dedita alla difesa della sovranità cinese. Ma i cinesi, inclusi i milioni di militari, sanno ben poco sul perché tanti alti ufficiali siano stati rimossi. Al di là di vaghi riferimenti ufficiali a «gravi violazioni della disciplina», i dettagli restano segreti. Questa mancanza di trasparenza solleva domande scomode: se i contribuenti finanziano l’esercito, perché non hanno diritto di sapere delle condotte scorrette ai livelli più alti? Se così tanti ufficiali sono inadatti al comando, di che tipo di sistema sono prodotto? Il rifiuto del Pcc di rispondere a queste domande alimenta il cinismo pubblico e mina la legittimità politica che pretende di avere. Nella cultura politica cinese, radicata principalmente negli ideali confuciani, un governante deve guadagnarsi la fiducia del popolo. Ma la fiducia deve essere reciproca. La decisione del Pcc di nascondere tutte le informazioni sulle epurazioni dimostra sia una mancanza di fiducia nel popolo sia una profonda insicurezza della propria autorità. Ancora più dannosa è poi l’assenza di responsabilità: gli stessi alti funzionari che hanno approvato le promozioni di questi ufficiali non hanno ammesso gli errori né si sono assunti la responsabilità per la loro mancata supervisione.
Xi Jinping è salito al potere, ormai molti anni fa, promettendo di fare pulizia nell’esercito: durante i suoi primi due mandati dal 2012 al 2022, oltre 160 generali sono stati indagati, numero superiore a tutte le faide messe insieme dalla fondazione dell’esercito nel 1927. Ma a quanto pare il marcio è lungi dall’essere estirpato. Una ragione probabile per la segretezza è che la corruzione è talmente profonda e pervasiva da risultare destabilizzante se rivelata. Molti ufficiali epurati erano stati promossi personalmente da Xi o dai suoi fedelissimi, quindi vanno rimossi segretamente per non rovinare l’immagine di un “Esercito Popolare di Liberazione” leale e incorruttibile.
In un sistema in cui il controllo del potere politico dipende quasi del tutto dal dominio che il capo del regime ha sulle forze armate, qualsiasi indicazione di lealtà vacillante tra i suoi generali rappresenta una seria minaccia, e non solo per Xi Jinping personalmente ma per la stabilità del regime in generale.