Xiang Songzuo, capo economista della Banca Agricola della Cina, lancia un allarme inflazione
La Cina ha seri problemi strutturali, e gli osservatori non dovrebbero farsi fuorviare dai dati distorti sul Pil.
Attualmente in Cina sembriamo interessarci solo della macroeconomia. Per quale motivo, visto che nel primo trimestre gli indicatori macroeconomici danno un 6,7 per cento di crescita del Pil? A confronto con gli ultimi dati mondiali, il 6,7 per cento è di gran lunga il più alto: non c’è un altro Paese al mondo che cresca come la Cina. Anche ammettendo una sovrastima, dello 0,5 o 0,7 per cento, il 6 sarebbe in ogni caso il più alto tasso di crescita del Pil al mondo.
Di cosa ci preoccupiamo allora? Io credo che dovremmo preoccuparci dei problemi strutturali sottostanti all’economia cinese, non del dato macroeconomico.
I CREDITI IN SOFFERENZA
Vediamo numerose dichiarazioni e interpretazioni sui motivi alla base dei problemi economici cinesi. A mio modo di vedere, il problema più grave origina dalle notevoli contraddizioni interne al settore industriale.
I dati delle banche, infatti, mostrano chiaramente che numerose industrie manifatturiere tradizionali (acciaio, carbone, fotovoltaico, alluminio e cemento) affrontano delle sfide non di poco conto: numerose aziende, comprese quelle attive nei settori siderurgico e carbonifero, non riescono a restituire i prestiti avuti dalle banche; e questo non vale per tutte le industrie, ma per una buona parte.
Analogamente al settore immobiliare, infatti, il mercato a Pechino, Shanghai, Shenzhen e Hunagzhou va molto bene, ma in numerose città di medie dimensioni del nordest e del nordovest va malissimo.
L’INGIUSTIZIA SOCIALE
Poi c’è il problema della sperequazione salariale. Oggi in Cina abbiamo molti ricchi: i cinesi con un patrimonio di oltre un miliardo di dollari, i super-ricchi, sono più in Cina che negli Stati Uniti. Ma ci sono ancora fra i 100 e i 200 milioni di persone che vivono in povertà estrema, e questo gap è causa di conflitti sociali molto gravi.
LA SPECULAZIONE
Un’ulteriore contraddizione strutturale è rappresentata dalla differenza tra l’economia virtuale e quella reale: ci sono fiumi di denaro che non vanno ad alimentare l’economia reale, ma la speculazione.
L’espansione monetaria degli ultimi anni è stata molto rapida, e ha raggiunto numeri enormi. Perché per l’economia reale è così difficile e costoso ottenere finanziamenti? Da sempre sostengo che, anche se la quantità di denaro e il credito sono elevati, la politica dei prestiti è strutturata in modo assolutamente irragionevole.
I dati diffusi dalla Banca del Popolo indicano, infatti, che il settore immobiliare riceve il 41 per cento di tutti i prestiti erogati. I magnati dell’immobiliare sostengono che il loro settore contribuisca all’economia cinese in modo decisivo. Ma quanto è questo contributo? Nonostante l’immobiliare sia considerato il pilastro dell’economia cinese, in realtà costituisce il 21 percento del Pil. Ma si prende il 41 per cento dei finanziamenti.
LO SQUILIBRIO STRUTTURALE
La nostra maggiore preoccupazione economica in Cina non dovrebbe essere se il Pil sia al 6,5/6,7 per cento, ma lo squilibrio strutturale, la vulnerabilità strutturale, il rischio strutturale.
Nel corso dell’ultimo convegno al Gruppo direttivo centrale per gli Affari economici e finanziari, si è discusso di una riforma strutturale dal lato dell’offerta: è stata chiaramente sottolineata la necessità di ridurre l’offerta in eccesso, la capacità produttiva e le giacenze di magazzino, insieme al bisogno di una diminuzione strategica della produzione. Quindi, il problema dell’economia della Cina non è rappresentato né dal tasso di crescita dall’indice dei prezzi al consumo, né dal Pil: questi sono solo degli indicatori macroeconomici calcolati in media, e non rivelano i reali problemi strutturali sotto la superficie.
L’INFLAZIONE
In Cina l’Indice dei prezzi al consumo non rispecchia l’inflazione reale. E la ragione è semplice: gli indicatori su cui si calcola l’inflazione cinese sono in gran parte prezzi di beni prodotti dall’industria. Ma i fattori più importanti in termini di impatto sulla vita delle persone sono esclusi o considerati in modo esiguo, come ad esempio il costo della casa, l’istruzione e le spese mediche: sono tutti costi esclusi dall’Indice dei prezzi al consumo. Come può questo indicatore rappresentare l’inflazione reale?
La teoria economica classica parla dell’Indice di Povertà, e a mio modo di vedere questo indicatore rappresenta l’inflazione meglio.
Attualmente un Indice dei prezzi al consumo del 2/3 per cento, in Cina significa ‘deflazione’. Ma quando parliamo di inflazione non possiamo tenere conto solo di alcuni settori: non si può tener conto solo dei settori produttivi manifatturieri tradizionali. Ci vuole onestà. Sia i cinesi che vivono in città che quelli che ancora abitano nelle zone rurali, non hanno come primo problema comprarsi un iPhone o una macchina, ma una casa, mandare i figli a una buona scuola e riuscire a ricevere delle cure mediche a un costo sostenibile. I principali bisogni delle persone oggi sono questi.
E se si aggiungono queste spese, l’inflazione reale non è affatto il 2 o il 3 per cento. Se si andasse in giro per la strada a dire ai cinesi che non c’è inflazione, non ci crederebbero per niente: gli alimentari sono saliti del 7,4 per cento, e questo da solo basta a mettere in grave difficoltà i lavoratori a basso reddito. Io sostengo, senza esagerare, che la Cina ha un grave problema di inflazione.
È possibile che continuiamo a mantenere un tasso di crescita stabile servendoci di un’enorme espansione monetaria e di programmi-stimolo? L’economia ha le sue regole, e il mio ruolo è quello di lanciare un allarme.
Articolo in inglese: Skewed Data Hides Structural Problems in the Chinese Economy