Diversi agenti cinesi e russi stanno finanziando influencer africani su TikTok per diffondere una propaganda anti-americana. Secondo gli esperti, sarebbero molti gli influencer su TikTok a guadagnare cospicue cifre: da centinaia a migliaia di dollari al mese per diffondere disinformazione e propaganda a favore di Pechino e Mosca. Questa dinamica confermerebbe i dati presentati sull’argomento dal generale Dagvin Anderson, il 22 luglio, al Parlamento americano. Cina, Russia e altri Paesi starebbero sfruttando il taglio degli aiuti finanziari americani all’Africa, (Washington ha smesso di finanziare, per esempio, la stampa locale da diverso tempo), creando un vuoto informativo che favorirebbe la diffusione della propaganda sino-russa.
Nel 2024, il “Centro Africa per gli Studi Strategici di Washington” ha documentato come circa 200 campagne filorusse e filocinesi stiano prendendo piede sui social africani, soprattutto in Africa meridionale e occidentale. Una delle più note figure social africane è stata intervistata da The Epoch Times Usa, in forma anonima per ovvie ragioni di opportunità. L’influencer ha confermato di essere pagato per diffondere contenuti che soddisfano la propaganda russa e cinese: «sono quasi tutti messaggi contro Trump», e si ricevono «pagamenti tramite piattaforme online per promozioni a pagamento», come il popolare marketplace sudafricano Lit, che gestisce i pagamenti per questi contenuti. «Si può guadagnare addirittura qualche migliaio di dollari» al mese, a seconda della «popolarità dei post che pubblichiamo». L’influencer ha precisato di non aver mai parlato direttamente con i suoi finanziatori: «io non so se siano cinesi, russi […] Loro mi inviano le informazioni, io le adatto e poi le pubblico. Se a loro va bene come lavoro, poi mi pagano». Il lavoro non è difficile, dice, perché i le loro posizioni «si allineano alla filosofia panafricana che io condivido – spiega l’influencer africano – io sono un sostenitore del socialismo e un oppositore dell’imperialismo occidentale». E ci sono «molti altri influencer» come lui, dice.
Secondo un’indagine di Karen Allen, consulente dell’Istituto per gli Studi sulla Sicurezza del Sudafrica, un influencer sudafricano ha confermato di essere stato pagato da agenti russi per diffondere propaganda volta a destabilizzare il Sudafrica durante le elezioni del 2024, favorendo i candidati africani amici di Cina e Russia, denigrando al contempo i partiti filo-occidentali. La retribuzione: 2 euro e 50 centesimi per ogni like.

Secondo uno studio del 2024 del Centro Africa per gli Studi Strategici, le campagne di disinformazione in Africa sarebbero quadruplicate dal 2022. Herman Wasserman, docente all’Università di Stellenbosch in Sudafrica, dice che «Trump è il nemico numero uno» di Cina e Russia. Infatti, quando Trump ha «plaudito» al presidente della Liberia per la sua padronanza dell’inglese, gli influencer africani il presidente americano è stato «ridicolizzato per le sue dichiarazioni su TikTok». Secondo il Reuters Institute dell’Università di Oxford, TikTok è la principale fonte di disinformazione in Africa, dove il regime cinese ormai la fa da padrone a livello politico, economico e di controllo dell’opinione pubblica. E le nazioni africane con più utenti su TikTok come Kenya, Nigeria e Sudafrica sarebbero anche tre delle maggiori economie africane destinatarie di miliardi di dollari del regime cinese. Con l’espansione dell’influenza cinese in Africa, dice Wasserman, TikTok sta avendo un impatto «profondo» sulle vite degli africani, poiché le informazioni sono concepite per «modificare la loro visione degli eventi mondiali e, soprattutto, della Cina».
Tornando all’influencer anonimo, infatti, questo “agente” del regime cinese ha confermato di essere spesso pagato per pubblicare contenuti che spacciano la Cina come «vittima del “razzismo” occidentale» e che denunciano «la corruzione e l’ipocrisia dell’Occidente». Gli stessi elementi si trovano in una ricerca condotta da accademici della London School of Economics, della Duke Kunshan University in China e dell’Università Gustave Eiffel in Francia, che hanno identificato quattro pattern di propaganda usati per difendere o promuovere la Cina comunista: “l’ipocrisia occidentale”, la “minaccia occidentale” (in base a cui il pericolo per la sicurezza e la crescita mondiale sarebbe l’Occidente e non la Cina), la presunta “superiorità del sistema” comunista cinese rispetto a quello occidentale, e infine il cosiddetto “destino comune”: un immaginario futuro “prospero” per la Repubblica Popolare cinese (un sistema che, nella realtà, sta crollando a livello, economico, sociale e politico) e i suoi alleati.
L’analista di disinformazione nigeriano Hamza Ibrahim, rispetto a questa colossale manipolazione della realtà, spiega che gli influencer in generale preferiscono TikTok perché lo considerano un «rifugio sicuro», essendo una piattaforma cinese, e perché opera con il «benestare della dittatura comunista», cosa che sembra «non turbare nessuno».
La controllante cinese di TikTok, ByteDance, nega che il regime cinese abbia controllo sulla piattaforma. Human Rights Watch, però, ha espresso scetticismo sulla questione, dato che per le aziende cinesi «rifiutare il controllo del governo» è molto rischioso, considerata la storia di “punizioni” esemplari inflitte agli imprenditori che «non seguono la linea del Partito». E d’altronde è fatto noto fino all’ovvietà che nella dittatura comunista cinese, virtualmente tutto è sotto il controllo del Partito.