Da quando la guerra in Ucraina ha messo in crisi le tradizionali rotte commerciali tra Europa e Asia, il cosiddetto “Corridoio di mezzo” ha guadagnato crescente attenzione come alternativa strategica al transito attraverso la Russia. La rotta, che collega la Cina all’Europa passando per Kazakistan, Azerbaigian, Georgia e Turchia, attraversando il Mar Caspio, si configura oggi come una rotta cruciale nel tentativo europeo di diversificare i canali commerciali e ridurre la dipendenza dal Corridoio settentrionale, fortemente compromesso dalle sanzioni internazionali e dal rischio geopolitico.
Fino al 2022, la rotta settentrionale — che si avvale dell’estesa rete ferroviaria russa, tra cui la Transiberiana — costituiva il canale principale per il traffico merci terrestre tra Asia ed Europa. Ma l’invasione russa dell’Ucraina e le conseguenti sanzioni occidentali hanno alterato radicalmente gli equilibri. Secondo i dati riportati da fonti accademiche europee, il volume dei traffici in direzione ovest attraverso il territorio russo è crollato del 50% tra il 2022 e il 2023, complice l’aumento dei costi assicurativi, la complessità normativa e il clima d’incertezza che grava sui Paesi sottoposti a sanzioni.
In questo contesto, il Corridoio di mezzo ha visto un’espansione notevole: dalle 586 mila tonnellate movimentate nel 2021 si è passati a oltre 3,3 milioni nel 2024. E secondo le previsioni della Banca mondiale, con gli opportuni investimenti infrastrutturali, entro il 2030 si potrebbe raggiungere una quota di 11 milioni di tonnellate. Una dinamica che si inserisce in uno scenario più ampio, segnato anche dalle recenti tensioni nel Mar Rosso, dove gli attacchi del gruppo terroristico degli Houthi contro navi commerciali hanno fortemente ridotto il traffico attraverso il Canale di Suez, altra arteria fondamentale del commercio mondiale.
Nonostante la crescita del Corridoio di mezzo, tuttavia, la strada per un’equiparazione con la rotta settentrionale è ancora lunga. Nel 2024, circa il 90% del traffico ferroviario Cina-Europa continuava a transitare attraverso la Russia, mentre meno del 10% seguiva la rotta meridionale. Sebbene i volumi sul Corridoio di mezzo siano cresciuti di oltre il 60% nello stesso anno, gli esperti sottolineano che tale percorso non è ancora in grado di sostituire completamente il corridoio russo, che resta più diretto, meno frammentato e logisticamente più semplice da gestire.
Le sfide non mancano. Il Corridoio di mezzo attraversa una pluralità di Stati, ciascuno con normative, sistemi doganali e infrastrutture differenti. La mancanza di armonizzazione tra procedure amministrative, dazi e requisiti documentali rappresenta un ostacolo concreto alla fluidità dei trasporti. A ciò si aggiungono carenze strutturali nei principali snodi portuali, come Aktau, Kuryk e Baku, e la differenza negli scartamenti ferroviari tra Paesi ex sovietici, Turchia e Unione Europea, che impone trasbordi o l’uso di sistemi tecnici adattivi.
L’infrastruttura del Corridoio di mezzo necessita ancora — secondo stime della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo — di investimenti per almeno 18,5 miliardi di euro. I tempi di transito, inoltre, sono ancora superiori: circa tre settimane contro le due del percorso settentrionale prebellico, con costi leggermente più alti.
Malgrado le criticità, l’interesse internazionale verso il Corridoio di mezzo è crescente. Non è solo la Cina, promotrice della Nuova Via della Seta, a puntare sullo sviluppo della rotta trans-caspica: anche l’Unione Europea si è attivamente inserita nel processo. Con il programma Global Gateway, Bruxelles ha già stanziato oltre 10 miliardi di euro per promuovere una rete di trasporti sostenibile in Asia Centrale e ha annunciato ulteriori investimenti per 12 miliardi, di cui 3 destinati esclusivamente al settore dei trasporti.
Al vertice Ue-Asia Centrale tenutosi a Samarcanda lo scorso aprile, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha definito il Corridoio di mezzo un progetto di punta. L’obiettivo dell’Ue è rafforzare la connettività tra le due regioni e contrastare la crescente influenza cinese nell’area. Al momento, però, Pechino conserva un vantaggio strategico grazie a un tessuto consolidato di accordi commerciali e progetti infrastrutturali già in fase avanzata. Ne è un esempio l’investimento annunciato da Xinfa Group, conglomerato industriale cinese, pari a 15 miliardi di dollari per la creazione di un grande polo estrattivo e industriale in Kazakistan.
La competizione geopolitica in Asia Centrale appare dunque destinata a intensificarsi. Se da un lato l’Europa cerca di bilanciare il peso cinese, dall’altro i Paesi della regione traggono beneficio dalla rivalità tra Bruxelles e Pechino, potendo attrarre capitali, infrastrutture e nuove opportunità commerciali.
Azerbaigian, crocevia nevralgico della rotta, sta consolidando legami sia con la Cina sia con l’Unione Europea. Dopo la visita del presidente azerbaigiano Ilham Aliyev a Pechino, l’alto rappresentante dell’Ue per la politica estera, Kaja Kallas, ha incontrato le autorità azere a Baku, annunciando la ripresa dei negoziati per un nuovo accordo di cooperazione economica e infrastrutturale.
Il Corridoio di mezzo rappresenta dunque molto più di un’alternativa logistica: è il simbolo di un nuovo equilibrio in divenire tra Est e Ovest, in cui i binari del commercio si intrecciano con quelli della diplomazia. Le prossime mosse dei principali attori geopolitici determineranno se questa rotta diventerà una colonna portante del commercio eurasiatico o resterà una via complementare, rallentata da ostacoli strutturali e da una competizione sempre più serrata.