La medicina tradizionale cinese funziona davvero?

di Gabriele Terenzani
27 Marzo 2025 16:46 Aggiornato: 27 Marzo 2025 16:46

La Medicina Tradizionale Cinese rappresenta una visione olistica della salute, profondamente diversa da quella occidentale. Basata su concetti come il Qi, lo Yin e lo Yang e i “Cinque Elementi”, la medicina cinese si avvale di pratiche come l’agopuntura, la fitoterapia e il massaggio per ristabilire l’equilibrio energetico dell’organismo. Sebbene spesso criticata per la mancanza di protocolli standardizzati, trova applicazione in numerosi disturbi funzionali e viene progressivamente integrata nei sistemi sanitari di diversi Paesi. Ma quali sono i suoi reali benefici e i suoi limiti?

Risponde il dottor Michele Lo Cascio, laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Bologna nel 1994, ha dedicato la sua carriera a una visione olistica della medicina. Dopo gli studi, si è specializzato in Medicina Tradizionale Cinese, diplomandosi nel 1999 presso l’Istituto Superiore di Medicina Olistica dell’Università di Urbino, e in Fitoterapia Cinese nel 2000 all’Istituto Matteo Ricci di Bologna. Attualmente è docente di Medicina Tradizionale Cinese e Fitoterapia Cinese all’Istituto di Medicina Naturale di Urbino.

Cos’è la medicina tradizionale cinese e su quali principi si basa?

La medicina tradizionale cinese è un insieme di saperi che si sono stratificati nei millenni, di un territorio vasto come quello della Cina, che è stato influenzato degli Stati confinanti, come l’India, il Tibet, la Mongolia che si sono influenzati fra di loro. È quindi un insieme di saperi che vedono, come tutte le medicine tradizionali, le medicine antiche, l’uomo essere riflesso della natura, del macrocosmo, l’uomo microcosmo riflesso del macrocosmo.

Ricordiamoci che la medicina cinese è una materia molto ampia: abbiamo non solo l’agopuntura, ma abbiamo la fitoterapia, la dietetica, il massaggio e il Qi Gong. Quindi, quando si parla di medicina cinese si parla di qualcosa di molto variegato.

In che modo concetti come il Qi, lo Yin e lo Yang e i Cinque Elementi si applicano alla salute e alla malattia?

Non è facile spiegare in poche parole. Loro hanno trovato semplicemente un altro linguaggio attraverso il quale descrivere la realtà: la realtà della medicina, della salute, della malattia. È un linguaggio diverso, come l’ideogramma è diverso rispetto al carattere alfabetico nostro greco-romano, così è il loro modo di interpretare la realtà. Dicono le stesse cose utilizzando però simboli e un linguaggio diverso. Per noi occidentali questo può sembrare un salto nel vuoto. In verità è un sapere molto profondo, che ha permesso a queste culture di poter sviluppare le grandi medicine, come la medicina cinese, o la medicina ayurvedica, per rimanere in Oriente.

Quali sono le principali differenze tra la medicina cinese e la medicina occidentale in termini di approccio alla diagnosi e alla cura? 

II centro della medicina cinese è l’energia, il Qi, che rappresenta il perno di tutto. Mentre noi siamo fortemente legati alla materia; la nostra cultura, se vogliamo, gira intorno al sangue, alla materialità, all’essere sanguigni. La loro visione è più legata al concetto di energia. Può sembrare un concetto evanescente, ma se guardiamo a tutte le ultime scoperte, ad esempio alla tanto citata fisica quantistica, vediamo che non fa altro che confermare quello che i cinesi intuitivamente avevano definito 3 mila anni fa. Einstein spiega che c’è un rapporto intimo tra la materia e l’energia, E = mc², per cui parlare di energia e parlare di massa è la stessa cosa sotto alcuni punti di vista. Non è filosofia, ma è una cosa concreta, reale. Quindi questa dicotomia netta fra energia e materia non è reale, non ha ragione di esistere: è un tutt’uno. È la realtà, che noi definiamo in maniera diversa.

Alcuni critici affermano che la medicina cinese manchi di solide basi scientifiche e di evidenze sperimentali controllate. Cosa risponde?

Questo è vero perché essendo una medicina di tipo sartoriale, che quindi si adatta al singolo paziente, non può assolutamente seguire una linea, un protocollo. Il protocollo è all’opposto del concetto di medicina cinese. Però potrei fare infiniti esempi, come i chakra. I chakra sono un concetto della Medicina Indiana; sono sette punti di energia posti sulla superficie del nostro corpo che hanno delle funzioni sia fisiche che psichiche e vengono definite sia in equilibrio che in ipo [ossia quando si ha una “carenza”, ndr]  che in iper [quando si ha un eccessivo “carico”, ndr]. Bene, esiste tutto un ragionamento intorno a questi chakra, che potrebbero far sorridere a un medico distratto… Però se uno ci riflette un attimo e guarda la mappa, non fa altro che constatare che i sette chakra sono le sette ghiandole endocrine. E quello che la nostra medicina ha definito da pochi decenni, perché gli ultimi ormoni sono stati studiati agli inizi degli anni ‘80, è un sapere che coincide perfettamente con i chakra. Se io sostituisco la parola chakra con ormoni, il sistema ormonale, vediamo che c’è una perfetta corrispondenza.

Spesso la medicina cinese viene percepita come una pratica “lenta” rispetto alla medicina occidentale, che invece fornisce risultati più rapidi. È davvero così?

Dipende dal tipo di patologia. Come regola generale possiamo dire che è vero, però non in senso assoluto. Ci sono alcune eccezioni dove il risultato è immediato, per esempio nelle tensioni articolari. Ma anche sull’aspetto dell’emotività, sull’aspetto psichico che noi definiamo Shen. Anche in questo caso il risultato è quasi immediato. Altre patologie hanno invece bisogno di più tempo. Dipende dai casi.

Esistono patologie per le quali la medicina cinese è più efficace rispetto alla medicina convenzionale?

Qui completiamo il discorso di prima: chiaramente è più lenta, nel senso che ci vogliono quattro, cinque sedute per avere un risultato. Ma considerando una, due, tre volte alla settimana, alla fine non sono tempi biblici. Detto ciò, anche la farmacologia occidentale ha bisogno a volte di due o tre settimane di tempo per poter portare un risultato.

Poi, la medicina cinese rispetto alla nostra è più forte soprattutto quando non si riesce a fare la diagnosi: per tutte quelle patologie, quei disturbi, dove non vi è un organo danneggiato. Quando non vi è un danno d’organo, si dice che il problema è funzionale, quindi non è legato a qualcosa di organico, ma è funzionale. In quel caso la medicina cinese sicuramente è superiore a quella occidentale.

La medicina moderna fa ampio uso della diagnostica per immagini e degli esami di laboratorio. Come si compensa questa mancanza nella medicina cinese?

Innanzitutto, chi pratica l’agopuntura è un medico, quindi si avvale di tutte e due le strade. E poi il compenso è legato a un’attenta semiotica, ovvero la capacità, attraverso uno studio del paziente, di vedere i segni che sono un campanello d’allarme rispetto a una patologia. La nostra medicina occidentale ha una sua semeiotica. Quella orientale sicuramente è molto più ricca, c’è un’attenzione rispetto ad alcune sfumature del disturbo verso cui la nostra medicina è distratta. Invece la medicina cinese è molto attenta. Ad esempio, se un certo disturbo avviene in una particolare ora del giorno, prima o dopo mangiato, in quale parte precisa del ciclo mestruale eccetera. Quindi un’attenta semeiotica. E poi abbiamo l’osservazione della lingua, e la palpazione del polso, che sono due modalità attraverso le quali poter fare diagnosi.

Quali sono i limiti della medicina cinese? Ci sono ambiti in cui non dovrebbe essere utilizzata come trattamento principale?

Non c’è un limite da poter definire. Chiaramente sta al buon senso del medico. È chiaro che in un paziente che fa una terapia anticoagulante o una terapia molto specifica, o un insulinodipendente, in quel caso non vado a toccare nulla, vado magari a compensare, a cercare di aiutare questa terapia. Bisogna considerare ogni volta chi si ha davanti. Però quando un paziente è già in una terapia cronica, è difficile sostituirsi. Sto parlando di pressione alta, di un diabete di tipo1, cioè di un diabete insulinodipendente. Se è un diabete tipo 2, dove come medicinale si usa la metformina per intenderci, in quel caso già ci sono dei margini maggiori di poter intervenire anche magari in alcuni casi di sospendere la metformina per esempio, attraverso anche una dieta molto attenta, chiaramente. Quindi bisogna vedere ogni caso; davanti ai tumori, è chiaro, lì ci si arrende. Davanti a un infarto, benvenga la medicina occidentale. Davanti a un trauma, ben venga la medicina occidentale, come davanti a una frattura o a una lesione d’organo.

Molti pazienti combinano trattamenti di medicina convenzionale con quelli della Medicina Tradizionale Cinese. È un approccio efficace? Esistono rischi di interazioni?

Se si intende per medicina cinese l’agopuntura, chiaramente non c’è nessun tipo di interazione. Se si parla di fitoterapia, in quel caso ci sono dei principi attivi, bisogna avere una conoscenza approfondita della materia perché c’è questo rischio. Però, a parte alcuni farmaci su cui il paziente è edotto, ad esempio chi prende il “coumadin” sa che deve stare attento nella sua alimentazione perché è un farmaco che spesso fa interazione anche coi farmaci nostri, in generale possiamo dire che, in alcuni casi, la medicina cinese può sostituire completamente la farmacologia occidentale, in altri la può sostenere.

Le erbe medicinali utilizzate nella medicina cinese sono sicure? Come viene garantita la loro qualità e l’assenza di contaminanti?

Sì, tutte le aziende che trattano questi farmaci devono sottostare alle rigide regole della comunità europea, ci sono dei controlli molto serrati, molto attenti.

Un medico occidentale ha bisogno di molti anni di studio e una certificazione ufficiale per esercitare. Quali sono i percorsi formativi per un medico di medicina cinese?

Proseguita la laurea in medicina, che è fondamentale, per quanto riguarda l’agopuntura devi fare un corso che di solito è triennale e poi un corso di perfezionamento per quanto riguarda la fitoterapia di ulteriori 2 anni. Ma è chiaro che poi, come per tutte le professioni, sarà il tempo a creare quell’abilità che ti permette di padroneggiare la materia.

L’agopuntura è stata riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come trattamento efficace per alcune patologie. In Italia e in altri paesi occidentali però è ancora vista con scetticismo. Perché secondo lei?

Si fa sempre più breccia la possibilità di poter utilizzare l’agopuntura che, ricordiamoci, a livello nazionale rientra nei Lea (Livelli Essenziali di Assistenza) ovvero nelle possibilità terapeutiche. Quindi nel sistema sanitario nazionale è riconosciuta. È chiaro: non vi è una cultura tra i colleghi, però, ripeto, piano piano si sta facendo sempre più forte. E le resistenze sono legate al fatto che il modo di vedere l’uomo per noi è diverso. Questo è fonte di fraintendimento, perché io sono convinto che se qualsiasi medico uscito dall’università leggesse anche solo un opuscolo di medicina cinese e si interessasse un minimo di quelli che sono i concetti base della medicina cinese, troverebbe un terreno affascinante e da cui rimanere sbalordito dalla bellezza e dalla profondità e dalla acutezza di questa medicina millenaria.

Molti effetti dell’agopuntura vengono attribuiti al placebo. Lei come risponde?

L’effetto placebo esiste anche per la nostra medicina, per fortuna, però non è vero che la medicina cinese è un placebo. La medicina cinese funziona, perché di solito il paziente che viene da noi, non dico sempre ma spesso, esordisce dicendo: “Guardi, io non ci credo, però mio cugino, la mia mia amica, la parrucchiera mi ha detto di venire a fare l’agopuntura perché ha risolto il suo problema, vengo qua come ultima spiaggia”… E quindi non credo che sia solo effetto placebo. Chiaramente è reale. Molto reale.

La medicina moderna ha fatto progressi notevoli nella cura delle malattie. Perché, allora, oggi sempre più persone cercano alternative come la medicina cinese?

Esatto. Chi si rivolge alla medicina cinese? Il paziente che ha già bussato ad altre porte senza trovare risposta al suo grido. Perché spesso sono dei gridi, sono delle problematiche importanti. Pazienti che prima di venire da noi sono già andati dallo specialista, magari dal grande professore, dal primario e quindi rarissimamente il paziente va in prima battuta dall’agopuntore. La regola è che noi siamo l’ultima spiaggia. Ma spesso, per fortuna, trovano in noi una risposta che non erano riusciti a trovare. Nessuno fa miracoli, però spesso e volentieri un piccolo miracolo succede.

Se un paziente vuole avvicinarsi alla medicina cinese, come può riconoscere un operatore serio e qualificato? Esistono standard o certificazioni che garantiscono la professionalità di chi pratica questa disciplina?

Ogni Ordine dei medici, in Italia, ha un suo elenco, perlomeno a Rimini nella mia provincia, nel mio Ordine, c’è un elenco di professionisti che sono abilitati a fare questo tipo di medicina. E, come per tutte le altre specialità, bisogna avvalersi di questa certificazione riconosciuta dall’ordine dei medici.

Può fare un esempio concreto di una patologia trattata con successo grazie alla medicina cinese?

Sono veramente tanti. Cefalee, dolori mestruali, forme d’ansia, depressioni, colite, gastriti. Sono veramente tanti gli esempi che potrei fare. Non nego il fatto che dopo 30 anni di lavoro, davanti a certi risultati, rimango io per primo sbalordito.

In alcuni Paesi la medicina cinese è integrata nei sistemi sanitari pubblici, mentre in Italia resta una pratica di nicchia. Perché? 

In Italia a parte rarissime realtà come Ravenna e Firenze e poche altre dove il sistema sanitario dispensa agopuntura in queste Asl, il resto è tutto a pagamento. Mentre in Oriente quando entri in ospedale, il medico decide se farti l’agopuntura, piuttosto che darti il farmaco, piuttosto che il fitofarmaco. Ovviamente in Oriente c’è questa apertura perché è una cultura che gli è propria.

 

Le informazioni e le opinioni contenute in questo articolo non costituiscono parere medico. Si consiglia di confrontarsi sul tema col proprio medico curante e/o con specialisti qualificati.

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