Lo scenario internazionale continua a essere caratterizzato da un rallentamento dell’attività economica e da una elevata e persistente incertezza, alimentata dagli annunci sulle misure di politica commerciale da parte della nuova amministrazione statunitense. È quanto emerge dalla nota dell’Istat sull’andamento dell’economia italiana.
Nel primo trimestre, a fronte di una buona tenuta dell’economia in Cina e nell’area euro, il Pil degli Stati Uniti ha segnato una lieve variazione negativa, principalmente dovuta a un forte aumento delle importazioni. Secondo la stima preliminare, nei primi tre mesi dell’anno il Pil italiano è cresciuto dello 0,3 per cento, risultato migliore di Francia e Germania, ma inferiore alla Spagna. Nel primo trimestre, la produzione industriale ha registrato un lieve incremento su base congiunturale: all’aumento dell’indice di gennaio è seguita una flessione a febbraio e una stabilità a marzo. Il clima di fiducia delle imprese ha mostrato la terza flessione consecutiva ad aprile, coinvolgendo tutti e quattro i principali settori economici.
In diminuzione, nello stesso mese, anche la fiducia dei consumatori, con un peggioramento particolarmente marcato delle opinioni sulla situazione economica dell’Italia. Nonostante un lieve calo a marzo, l’occupazione, nel primo trimestre, è aumentata dello 0,9 per cento su base congiunturale. Tale andamento positivo ha riguardato uomini e donne, i dipendenti permanenti e gli autonomi, i giovani di 15-24 anni e chi ha almeno 50 anni d’età.
L’inflazione armonizzata dei prezzi al consumo (Ipca) in tutti i maggiori paesi europei è rimasta sostanzialmente invariata in aprile rispetto a marzo, risultando pari al 2,1 per cento in Italia e al 2,2 per cento nella media dell’area euro. Tra le imprese esportatrici, quelle più vulnerabili alla domanda estera si caratterizzano anche per maggiori problemi di redditività, e quindi per una più elevata precarietà nel grado di solidità economico-finanziaria. Rispetto a possibili shock (vedi dazi), la combinazione di una vulnerabilità all’export e di una fragilità nelle condizioni di redditività potrebbe pertanto rappresentare un ulteriore fattore specifico di criticità.