L’esercito israeliano sta sgomberando gli abitanti dai campi profughi in Samaria, la parte settentrionale della Cisgiordania, nell’ambito di operazioni intensificate contro le organizzazioni terroristiche palestinesi. Il ministro della Difesa Israel Katz ha dichiarato il 23 febbraio di aver ordinato alle Forze di difesa israeliane di espandere le operazioni nei campi profughi di Jenin, Tulkarem e Nur al-Shams. Lo stesso giorno, le Idf hanno inviato carri armati in Cisgiordania per la prima volta in oltre vent’anni.
Alle forse israeliane è stato ordinato di prepararsi a una «permanenza prolungata» per combattere le organizzazioni terroristiche nei campi. Almeno 40 mila palestinesi hanno lasciato le loro case a Jenin e Tulkarem dall’inizio dell’operazione israeliana: «Non permetteremo il ritorno dei residenti e che il terrorismo ritorni e cresca» ha affermato Katz. Israele sta conducendo un’operazione militare su larga scala dal 21 gennaio, demolendo abitazioni e infrastrutture.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ordinato ai militari di avviare un’operazione «intensiva» dopo diverse esplosioni su autobus vicino a Tel Aviv il 20 febbraio. Secondo Times of Israel, nessuno è rimasto ferito nel momento in cui alcune bombe sono esplose su tre autobus vuoti parcheggiati in un deposito durante la notte. Un quarto autobus è stato preso di mira quella sera, ma è stato evacuato dai passeggeri dopo che un pacco sospetto era stato individuato poco prima dell’esplosione.
Tutte le bombe riportavano la scritta «Vendetta da Tulkarem», mentre il «Battaglione di Tulkarem» di Hamas ha approvato l’attacco ma non ne ha rivendicato la responsabilità. Secondo la polizia il modello degli ordigni, collegati a un timer, indica che siano stati fabbricati in Cisgiordania.
I bulldozer israeliani hanno demolito ampie zone del campo profughi di Jenin rimasto praticamente vuoto, e risulta abbiano tracciato larghe strade al suo interno, con una tattica già utilizzata a Gaza quando le truppe si sono preparate a una permanenza prolungata.
Un portavoce di Jenin, Basheer Matahen, ha definito l’operazione «una ripetizione di quanto accaduto a Jabalia», riferendosi alla bonifica del campo profughi nell’area settentrionale di Gaza da parte delle forze israeliane dopo settimane di intensi combattimenti. Katz ha dichiarato che i campi sono stati sgomberati per un anno, e che ai residenti non sarà permesso tornare.
L’operazione è stata pianificata contro Hamas e la Jihad islamica, organizzazione terroristiche sostenute dall’Iran e radicate nei campi da decenni. L’Autorità Palestinese ha combattuto contro queste organizzazioni a dicembre 2024 nel tentativo di riaffermare il proprio controllo nei territori occupati sotto la sua amministrazione, ma attraverso il portavoce del presidente palestinese Mahmoud Abbas, ha denunciato il recente dispiegamento di carri armati definendolo «una pericolosa escalation israeliana che non porterà stabilità né calma».
L’IPOTESI DI TRASFERIMENTO DEI PALESTINESI
L’azione arriva dopo che il presidente Donald Trump, il 4 febbraio, ha proposto il trasferimento dei residenti di Gaza e ha suggerito che gli Stati Uniti occupino, bonifichino e riconvertano la Striscia di Gaza in una città multinazionale. Sebbene l’idea di uno Stato palestinese indipendente in Cisgiordania e a Gaza abbia ricevuto a lungo sostegno internazionale, l’attacco del 7 ottobre 2023 e la guerra successiva hanno reso questo scenario sempre più improbabile. Il piano di Trump ha riaperto il dibattito su soluzioni alternative, dopo decenni di violenze che si ripresentano ciclicamente.
La maggior parte delle attività terroristiche in Samaria ha origine nei campi, e le organizzazioni armate controllano queste aree, ha dichiarato il generale di brigata in congedo Amir Avivi in un’intervista al Israel Defense and Security Forum il 24 febbraio, definendo l’operazione «la più grande che le forze israeliane abbiano mai tentato nell’area». Molte delle abitazioni demolite contenevano armi o ordigni esplosivi improvvisati e «la cosa interessante è che a un isolato di distanza, nella città di Jenin o di Tulkarem, la vita quotidiana prosegue senza alcun tipo di azione distruttiva».
In passato, i palestinesi residenti in queste città scioperavano quando le forze di sicurezza israeliane combattevano nei campi, ha poi sottolineato il generale israeliano, ora invece «ignorano completamente la situazione, capendo che questi campi profughi rappresentano un pericolo anche per loro», e molti civili sono ora sfollati nelle città. Il generale Avivi ha poi detto che i campi, ormai divenuti dei veri e propri centri abitati, dovrebbero essere demoliti definitivamente, e il mondo dovrebbe smettere di considerare i residenti come «rifugiati», poiché nella maggior parte dei casi appartengono ormai alla seconda, terza o quarta generazione successiva agli sfollati della Guerra d’Indipendenza di Israele del 1948. E sebbene Israele abbia assorbito 700 mila ebrei espulsi dai Paesi arabi, i palestinesi in fuga non sono stati integrati nei Paesi arabi circostanti, ma confinati nei campi. «Dobbiamo chiudere questi cosiddetti campi profughi, che in realtà non lo sono. Non si può essere rifugiati se si è già alla seconda, terza o quarta generazione».
Il ministro della Difesa israeliano Katz ha annunciato che all’Unrwa, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi, è stato ordinato di interrompere le attività nei campi. Lo scorso mese Israele ha formalmente vietato all’Unrwa di operare sul proprio territorio, inclusa Gerusalemme Est. Israele accusa da tempo l’agenzia di complicità con Hamas. Lo scorso anno l’agenzia ha riferito che nove dei suoi dipendenti hanno partecipato attivamente all’attacco del 7 ottobre contro Israele.