Il direttore della Cia John Ratcliffe e il direttore dell’Intelligence Nazionale Tulsi Gabbard hanno chiarito in merito alla loro gestione di informazioni sensibili sulla sicurezza nazionale durante un’audizione al Senato, rispondendo a domande su un presunta fuga di informazioni relativa a dei raid americani in Yemen.
L’audizione della Commissione Intelligence, si è tenuta il giorno dopo il fatto: Jeffrey Goldberg, direttore The Atlantic, ha scritto di essere finito per sbaglio in una chat di gruppo su Signal con vari funzionari dell’amministrazione Trump. Nella chat, stando a Goldberg, si parlava di un piano imminente per colpire i terroristi Houthi in Yemen. Tra i nomi riconosciuti dal caporedattore c’erano Ratcliffe e Gabbard.
Entrambi erano presenti all’audizione di martedì. Interrogati sulla fuga di notizie, hanno negato che nella chat siano stati inviati contenuti top secret. In uno scontro iniziale, il senatore Mark Warner (democratico della Virginia), ha incalzato Gabbard e Ratcliffe chiedendo di confermare la loro presunta presenza nel gruppo della chat. La Gabbard ha replicato: «Non voglio entrare nei dettagli, la questione è tenuta sotto esame del Consiglio di Sicurezza Nazionale» e che «non è stato condiviso nessun materiale confidenziale».
Ratcliffe ha ammesso di essere nella chat su Signal e ha spiegato che l’app gli è stata caricata sul computer di lavoro poco dopo la conferma al Senato come capo della Cia. «I tecnici della Cia mi hanno detto che Signal è ammesso per uso lavorativo, addirittura già in uso dall’amministrazione Biden», ha detto. Ha poi aggiunto: «I miei messaggi su Signal erano del tutto leciti, senza rilasciare informazioni riservate».
Warner, inzialmente, si è detto sbalordito che nessuno abbia notato Goldberg nella chat per tanto tempo. «Sono senza parole. Com’è possibile che tanti pezzi grossi fossero nel gruppo chat e nessuno si sia chiesto chi fosse questo tizio, che alla fine si è rivelato essere un giornalista», ha detto. «Avrebbero dovuto applicare una delle più elementari norme di sicurezza».
In un altro botta e risposta col senatore Martin Heinrich (democratico del New Mexico), Ratcliffe ha smentito di aver compromesso la copertura di un agente Cia nominandolo nella chat. Stando a Goldberg, vari funzionari hanno segnalato i loro contatti per coordinarsi all’interno dell’amministrazione. Ratcliffe ha fatto lo stesso, ma Goldberg ha deciso di non rivelare il nome.
Ratcliffe ha chiarito a Heinrich che l’agente non è sotto copertura ed è «coordinato regolarmente» dalla Casa Bianca. «L’idea che ci fosse qualcosa di scorretto è chiaramente sbagliata», ha dichiarato.
Heinrich ha anche chiesto conto dell’affermazione di Goldberg secondo cui nella chat si parlasse di armi, bersagli e tempi dei raid in Yemen. Ratcliffe e Gabbard hanno negato ogni tipo di coinvolgimento in discussioni del genere.
Il 24 marzo scorso, il ministro della Difesa Pete Hegseth, aveva già affermato: «Nessuno ha mai mandato alcun piano di guerra».
Intervistato da The Bulwark, Goldberg ha risposto a domande su un’eventuale pubblicazione di altri messaggi per sostenere il suo racconto. Non ha escluso nulla: «Nei prossimi giorni potrei dirvi: Ok, ho un piano per mostrare il materiale a tutti».