Il regime cinese continua ad accanirsi sui giornalisti

di Redazione ETI/Alex Wu
4 Marzo 2025 10:17 Aggiornato: 4 Marzo 2025 10:17

Il giornalista Dong Yuyu è stato condannato a sette anni di carcere per “spionaggio”. Suo figlio, Dong Yifu, ha affermato che il giornalista è stato imprigionato perché è un fautore del costituzionalismo democratico in Cina: «È una questione di libertà di stampa e di diritti umani. Ha ben poco a che fare con la sicurezza nazionale o con lo spionaggio».

Yuyu, 63 anni, era il vicedirettore del Guangming Daily, una Testata di proprietà dello Stato, ed è stato arrestato dalla polizia di Pechino nel 2022 mentre pranzava con un diplomatico giapponese. In seguito, è stato condannato a sette anni di prigione per spionaggio dopo un processo a porte chiuse.

Da Washington, Yifu ha dichiarato che suo padre è pronto a fare appello contro la sentenza, e ha chiesto alle autorità giapponesi aiutarlo a dimostrare che gli incontri del padre con i diplomatici non avevano nulla a che fare con lo spionaggio.

Dong Yuyu era un commentatore per Testate sia cinesi che estere, tra cui Yanhuang Chunqiu, una rivista storica nota per la sua difesa delle riforme, e l’edizione cinese del New York Times, trattando temi che vanno dalla riforma legale alle questioni sociali. Ha inoltre collaborato a libri in difesa dello Stato di diritto in Cina. Il tono di Dong Yuyu è sempre stato moderato ed evitava accuratamente di criticare direttamente Xi Jinping.

Secondo l’economista Henry Li, l’ex vicedirettore del Guangming Daily è stato incarcerato per aver violato le regole interne del Partito su «elementi specifici che il governo vieta di trattare. Il regime cinese limita la stampa nelle comunicazioni con il mondo esterno, in violazione dei diritti civili fondamentali e dell’informazione». Nella Cina comunista, i giornalisti spesso comunicano con funzionari e diplomatici stranieri per scambiarsi idee, ma «questo ha insospettito la “sicurezza nazionale”» anche se «nessuno si aspettava che lo avrebbero condannato per questo».

Il giornalista era insomma cauto e si muoveva in quelle che in Cina sono generalmente “acque sicure”. Ma specialmente in una dittatura, non si è mai sicuri.
Zhao Lanjian, giornalista investigativo cinese in esilio negli Stati Uniti, pensa che, sebbene Dong fosse un giornalista importante in Cina, certe discussioni approfondite e scambi con vari think tank potrebbero essere stati interpretati dal regime come divulgazione di segreti di Stato: «Forse alcune cose che ha detto, o certe sue osservazioni interne alla stampa cinese, sono state considerate come una minaccia al Pcc, specialmente considerando che il controllo di Pechino sulle notizie e sull’opinione pubblica è così rigido che anche le discussioni interne possono diventare sinonimo di colpevolezza»;  alcuni anni fa i giornalisti e gli intellettuali cinesi avevano ancora un minimo di libertà, entro certi limiti, nel comunicare con il mondo esterno «ma ora questi comportamenti li possono far finire incriminati di “minaccia alla sicurezza nazionale”» e «questo clima di terrore creato dal regime, ha sconvolto i professionisti nei campi delle ricerche sociali, storica e politica, che ormai si sentono come se camminassero sul filo di un rasoio».

LE PURGHE PCC

Secondo Zhao Lanjian, quindi, il caso di Yuyu potrebbe essere un tipico esempio della «purga politica» in corso all’interno del Pcc. Negli ultimi anni, la repressione interna di Pechino non ha colpito solo le fazioni avversarie, ma anche moderati, riformisti e intellettuali all’interno del sistema del partito stesso che hanno avuto contatti con il mondo esterno: «attualmente, anche il sistema di propaganda del Pcc è colmo di lotte intestine, e gli organi di propaganda controllati da diverse fazioni possono avere divergenze nell’attuazione delle politiche», e negli ultimi anni il leader cinese ha condotto una dura “rettifica” degli organi di propaganda del governo, con redattori, commentatori e persino funzionari con un pensiero più indipendente sono stati espulsi uno dopo l’altro.

Il governo degli Stati Uniti ha prestato particolare attenzione al caso di Dong Yuyu. La United States-China Economic and Security Review Commission ha citato la sua condanna come esempio della repressione dei contatti con l’estero da parte della Cina, evidenziando «l’azione continuata del governo cinese per reprimere i diritti dei suoi cittadini alla libertà di parola e di stampa» richiedendo anche «il rilascio immediato e incondizionato di Dong Yuyu». Anche l’Ong Reporter Senza Frontiere ha chiesto la liberazione di Dong Yuyu.

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