Ursula von der Leyen propone un piano di riarmo da 800 miliardi di euro: 650 miliardi finanziati dal debito pubblico e da spendere nell’arco di quattro anni, più altri 150 miliardi di indebitamento delle nazioni Ue nei confronti dell’Ue stessa, da restituire in 10 anni.
La spiegazione che si ricostruisce dalle diverse dichiarazioni, è che questo impegno finanziario-militare sarebbe necessario perché la Russia, dopo tre anni di guerra contro l’Ucraina, ora è diventata troppo pericolosa perché Donald Trump avrebbe deciso di abbandonare l’Europa a se stessa.
In questo senso, è corretto osservare che il presidente degli Stati Uniti non ha mai dichiarato, né lasciato intendere, di voler ritirare dall’Europa tutte le truppe americane, che ammonterebbero circa a 100 mila militari, di cui circa 12 mila in Italia.
Donald Trump ha solamente dichiarato, a più riprese, di ritenere «ingiusto» che i membri della Nato non spendano il 2% del Pil come stabilito nel Patto Atlantico, facendo capire, da una parte che gli Stati Uniti non sono materialmente in grado di continuare a colmare i mancati investimenti del resto dei Paesi Nato e, dall’altra, che è tempo che l’Europa si renda più autonoma e indipendente dalle Forze armate americane.
E se è vero che il 17 febbraio 2025, il ministro della Difesa Usa Pete Hegseth ha tenuto un discorso al Munich Security Conference in cui ha dichiarato: «Non è realistico pensare che gli Stati Uniti continuino a garantire la sicurezza europea senza un contributo maggiore da parte dei vostri Paesi», si è ancora lontani dal messaggio di “abbandono” totale del Vecchio Continente da parte degli Usa attualmente paventato da molti.
Quanto alla minaccia russa, senza dubbio il quadro geopolitico europeo è preoccupante. Ed è logico investire di più in difesa, quando si ha fondato motivo di ritenere di essere in pericolo.
E a questo proposito si deve riconoscere che gli analisti e i vertici delle forze armate italiane concordano sulla necessità di aumentare il numero totale dei nostri militari in servizio attivo, dagli attuali 170 mila circa ad almeno 180 mila (idealmente 200 mila) e di potenziare armamenti, mezzi ed equipaggiamenti.
Va inoltre osservato che, dai dati pubblicamente disponibili, l’aumento delle spese militari è già iniziato da alcuni anni: la percentuale del Pil investita è passata dall’1,2-1,4% nel 2014-2019 all’1,6% nel 2023, passando dai 23 miliardi e mezzo spesi nel 2019 a 35 miliardi e mezzo nel 2023.
D’altronde, il varo della seconda portaerei Trieste, il varo già programmato di altre fregate, la sostituzione di quattro nuovi sommergibili (su un totale di otto) e l’acquisto di un totale di altri 90 caccia stealth di quinta generazione F-35, sono azioni che parlano da sé: l’Italia continua a perseguire il proprio processo di ammodernamento delle forze armate iniziato oltre dieci anni fa.
In sintesi, i vertici militari italiani non sembrano essere stati affatto “colti di sorpresa” dall’attuale difficile situazione internazionale: da diversi anni, infatti, stanno chiedendo (e peraltro ottenendo da vari governi) il finanziamento di una massiccia operazione di lungo periodo che mira sia all’ammodernamento che alla crescita della “potenza di fuoco” delle nostre forze armate.
Con l’innalzamento della spesa per la difesa al 2% del Pil questo processo di “livellamento verso l’alto” non potrà che accelerare. L’Italia si era già impegnata, nel 2014 al vertice Nato di Newport, a raggiungere il 2% del Pil in spesa militare entro il 2024; obiettivo poi rinviato al 2028 dal governo Draghi.
Nel 2024, l’Italia spendeva infatti circa l’1,49% del Pil per la difesa, pari a 29,18 miliardi di euro (dato Nato, Defence Expenditure 2014-2024). E attualmente, il Documento Programmatico Pluriennale 2024-2026 prevede un calo all’1,43% nel 2025 (28,8 miliardi) e un lieve aumento all’1,45% nel 2026 (28,7 miliardi). Il generale Luciano Portolano, Capo di Stato Maggiore della Difesa, ha precisato il 27 novembre 2024 davanti alla Commissione Affari Esteri del Senato: «Il massimo impegno lo toccheremo nel 2027 con l’1,61%». Ma anche con il piano attuale, il 2% entro il 2028 resta fuori portata.
Facendo i conti, per raggiungere stabilmente il 2% servirebbero circa 10-12 miliardi di euro annui in più rispetto alla spesa corrente. Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha detto il 3 marzo 2024 al Corriere della Sera: «Non credo che ci riusciremo in tempi brevi, almeno finché l’Europa non cambia le regole».
Finora, infatti l’ostacolo sono stati i rigidi vincoli di bilancio imposti dall’Europa. Ma da oggi, considerato il messaggio inviato da Ursula von der Leyen, questo ostacolo “di principio” non dovrebbe esserci più. A prescindere, infatti, dalla forma che potrà assumere questo aumento di budget (Luca Zaia praticamente ha definito impossibile l’idea di piano da 800 miliardi lanciata dalla presidente della Commissione), resta il fatto che “l’Europa” ora accetta il principio di un’espansione extra della spesa pubblica finalizzata alla difesa.
L’Italia, quindi, dovrebbe poter adempiere agli obblighi assunti nei confronti della Nato, portare avanti il processo di ammodernamento delle Forze armate che essa stessa ritiene necessario e, al tempo stesso, “far contenta” l’amministrazione Trump.
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