Il mix energetico italiano è dominato dal gas, affiancato dall’idroelettrico e dalle rinnovabili in crescita, con la “de-carbonizzazione” che (almeno per ora) incombe e l’urgenza di ridurre i costi energetici e la debolezza rappresentata dalla nostra dipendenza dalle importazioni. Il governo sta considerando l’ingresso graduale del nucleare come alternativa al carbone, ma come si comporta questa tecnologia a confronto con le rinnovabili?
Lo Small Modular Reactor: questo il tipo di nucleare designato dal Governo Meloni, una soluzione compatta, adatta a Paesi neofiti col nucleare o che ripartono da zero. Questa non è una tecnologia concepita per sostituire in toto le “rinnovabili”, ma piuttosto, per affiancarle. Quali sono i pro e i contro di queste due soluzioni a confronto? E quanto costano?
Gli Smr costano tra i 2 e 10 miliardi di euro e producono in media 2,5-4 TWh/anno (terawattora all’anno), offrendo energia continua. Il modello NuScale per esempio, ha un costo di 8 miliardi e 800 milioni di euro e una potenza nominale complessiva di 462 MWe.
Il solare fotovoltaico costa in media tra gli 800 mila e 1 milione e 200 mila euro per MW e produce in media 0,50 TWh/anno per 300 MW. Gli Smr quindi sono molto più costosi ma generano 4-5 volte più energia annua per MW installato rispetto al solare, che ovviamente richiedere requisiti come zone molto soleggiate e inoltre produce soltanto a intermittenza se non si utilizzano batterie. L’eolico onshore (sulla terraferma) costa tra 1 milione e 200 mila e 1 milione e 800 mila euro per MW e produce in media tra 0,90-1,40 TWh/anno, anche questo ovviamente con una resa intermittente.
Un fattore determinante da tenere in considerazione è anche la durata di ogni tecnologia.
L’Smr ha una vita media di 40-60 anni, con una manutenzione composta da rigide ispezioni e sostituzione delle barre di combustibile ogni 1-2 anni. Il ricambio è limitato: i componenti principali come il reattore infatti non si sostituiscono (va considerato però che lo smantellamento ha un costo di centinaia di milioni di euro).
I pannelli del fotovoltaico solare invece durano in media 25 anni, con un’efficienza che cala gradualmente (0,5% all’anno). In compenso la manutenzione è minima: pulizia e sostituzione degli inverter ogni 10-15 anni.
Le turbine dell’eolico onshore infine, hanno una durata di 20-25 anni con una manutenzione regolare tra lubrificazione ed eventuale riparazione delle pale.
In termini di manutenzione le rinnovabili richiedono quindi generalmente sostituzioni più frequenti, ma con costi e complessità minori rispetto allo smantellamento nucleare. Gli Smr hanno una durata maggiore, ma le scorie sono un limite unico. Le fonti alternative hanno problemi più gestibili (suolo, riciclo), mentre il nucleare genera scorie radioattive, un ostacolo significativo in Paesi senza depositi fissi come l’Italia. Il governo Meloni ha infatti in cantiere la realizzazione di un Deposito nazionale entro il 2039.
Un altro punto da considerare riguarda sicuramente i tempi di realizzazione: il solare, l’eolico onshore e l’idroelettrico richiedono tempi e costi iniziali inferiori al contrario del nucleare, che va più inquadrato come un investimento a lungo termine.
In sintesi, il criterio di scelta della modalità di produzione energetica è determinato da priorità quali velocità e costo, stabilità e indipendenza energetica. Il ritorno al nucleare è sicuramente la soluzione più adatta all’indipendenza energetica, ma va adottata con cautela e con il rispetto di determinate condizioni, come la corretta gestione delle scorie.