Il cervello chiede bellezza

di Redazione ETI/Makai Allbert
8 Giugno 2025 8:57 Aggiornato: 8 Giugno 2025 8:57

Quello che appaga gli occhi può anche curare il cuore, la mente e il corpo.

Sotto le volte della Cappella Sistina, persone di tutto il mondo guardano verso l’alto con meraviglia. Alcuni si commuovono fino alle lacrime, altri guardano con silenziosa riverenza, il silenzio è d’obbligo e la bellezza domina ogni angolo. Mentre gli spettatori guardano, il loro cervello si attiva sensibilmente e il corpo si rilassa: è un fenomeno che continua ad affascinare neuroscienziati e medici.

In un famoso esperimento del 2004, i partecipanti sono stati sottoposti a uno scanner cerebrale mentre osservavano alcuni bei dipinti. Una regione del cervello, la corteccia orbitofrontale, definita anche “centro della bellezza”, si è illuminata all’istante, dimostrando che l’apprezzamento della bellezza è insito nella nostra capacità cognitiva e inoltre la riconosce in millisecondi, molto prima che si formi il pensiero cosciente. Questo riconoscimento istantaneo indica che riconosciamo la bellezza non appena la vediamo.

Sebbene ognuno abbia preferenze estetiche personali, c’è un genere di bellezza che gli esseri umani apprezzano universalmente, è riconosciuto dal cervello e influisce sulla nostra salute.

L’EQUAZIONE DELLA BELLEZZA

Alla base di molte cose belle – naturali e create dall’uomo – c’è un dato comune: 1,618. È la sezione aurea o rapporto aureo, un numero irrazionale definito da secoli numero della proporzione divina.

In natura è onnipresente: nelle conchiglie a spirale, nei semi di girasole, nelle galassie, in botanica e nelle proporzioni del volto umano. Gli artisti tradizionali, in particolare durante il Rinascimento, lo hanno spesso inserito nelle loro opere.

Nautilus. Foto Pixabay.

Enzo Grossi, direttore scientifico della Fondazione Villa Santa Maria di Tavernerio (Como) e sostenitore dell’uso della bellezza in ambito clinico, ha affermato che se esiste un’universalità della bellezza, questa si trova nel rapporto aureo: «È uno schema che contribuisce alla bellezza e alla complessità del mondo naturale. I nostri occhi e il nostro cervello amano intrinsecamente le forme che seguono questo rapporto. Questo potrebbe essere dovuto alla prevalenza della sequenza in natura, che la rende un modello familiare generando benessere».

Più che culturali, i rapporti aurei sono matematici e cognitivi. Le ricerche neuroscientifiche dimostrano che il cervello elabora le forme basate sul rapporto aureo in modo più fluido ed efficiente rispetto ad altre proporzioni.  La sequenza è prevedibile ed equilibrata, simmetrica e asimmetrica, dà un senso di armonia e facilita l’interpretazione da parte del sistema visivo. Questa fluidità, a sua volta, aumenta il nostro senso di piacere.

Ma dietro la nostra predilezione per la bellezza naturale c’è una, buona, ragione.

Grossi spiega: «In natura, steli e alberi, foglie e fiori crescono tutti in modo simmetrico, mentre una spiga di grano deformata potrebbe non essere sicura da mangiare» e ritiene che le cose belle siano attraenti perché possono aiutarci a sopravvivere.

Ma la bellezza non si limita all’utilità. David Rothenberg, professore di filosofia e musica al New Jersey Institute of Technology, sottolinea che la natura a volte presenta un fascino inaspettato: la coda imponente e iridescente di un pavone non ha alcun vantaggio funzionale, anzi rende più difficile il volo. Ma le femmine di pavone la preferiscono: «Gli animali hanno un senso estetico naturale e apprezzano la bellezza in sé, è una parte misteriosa dello sviluppo della vita».

BELLEZZA E SALUTE

Nel 1984, Roger Ulrich ha condotto un esperimento pionieristico in un ospedale della Pennsylvania. Ulrich ha studiato il recupero di 46 pazienti che avevano subito lo stesso intervento alla cistifellea. I pazienti erano simili per la maggior parte dei fattori: età, peso, stato di salute e persino piano terapeutico. L’unica differenza sostanziale era che, durante la convalescenza, metà dei pazienti vedeva un boschetto di alberi fuori dalla finestra, mentre l’altra metà aveva di fronte un muro di mattoni.

I pazienti con vista sulla natura si sono ripresi più velocemente, trascorrendo in media quasi un giorno in meno in ospedale. Hanno avuto bisogno di molte meno dosi di antidolorifici, avuto meno effetti secondari come mal di testa o nausea e una migliore cartella clinica.

Lo studio ha aperto la strada a decenni di ricerche che collegano la bellezza della natura a benefici per la salute. Le meta-analisi dimostrano oggi che l’esposizione alla natura – anche qualcosa di semplice come un panorama verdeggiante o una passeggiata di 20 minuti in un parco – può ridurre lo stress e migliorare la funzione immunitaria, il diabete di tipo 2 e le malattie cardiache.

La natura non è però l’unica fonte di bellezza “curativa”, anche le grandi opere d’arte possono produrre effetti simili e alcune più di altre; in generale, gli artisti cercano spesso di esprimere un aspetto della bellezza universale, ma gli artisti classici lo fanno meglio.

Eric Bess, assistente professore al Fei Tian College di Middletown, spiega che nell’osservare i dipinti classici si ha una doppia risposta, cioè una reazione emotiva immediata seguita da una riflessione più profonda e duratura legata a ricordi personali e associazioni culturali.

Perché l’arte classica ha un effetto tanto profondo? Può sembrare scontato, il cervello è attratto da modelli che può elaborare facilmente, come il rapporto aureo, ma desidera anche la novità. L’armonia della struttura e del colore delle opere classiche e l’unicità dell’espressione soddisfano entrambi i desideri. Al contrario, l’arte che si allontana troppo dalle strutture familiari può lasciare gli spettatori freddi o confusi.

In un test del 2018, per valutare la differenza fisiologica tra la stimolazione dell’arte classica e quella moderna, è stato assegnato in modo casuale a 77 studenti universitari di visitare una delle tre aree della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma:

– Gallerie d’arte figurativa: Paesaggi, ritratti e scene realistiche

– Gallerie d’arte moderna: Installazioni astratte, espressioniste e contemporanee

– Uffici del Museo: Gruppo di controllo

Prima e dopo la visita, i ricercatori hanno misurato la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca dei partecipanti.

I risultati sono stati eloquenti. Più della metà dei partecipanti al gruppo di arte figurativa ha registrato un calo significativo della pressione arteriosa sistolica. Le persone che hanno visto l’arte moderna o lo spazio ufficio non hanno mostrato alcun cambiamento statisticamente significativo.

Sembra che l’arte figurativa abbia qualcosa di unico che influisce sulla nostra fisiologia, anche se non ne siamo consapevoli. I ricercatori hanno osservato che potrebbe essere particolarmente calmante per la sua maggiore comprensibilità e tendenza a stimolare emozioni positive, rispetto allo stile più impegnativo e talvolta provocatorio dell’arte moderna. Ritengono quindi che le visite ai musei potrebbero integrare le terapie mediche in situazioni di stress, come le malattie cardiache.

Inoltre, l’apprezzamento della bellezza non si limita agli occhi.

Anche la bella musica è curativa, abbassa i livelli di cortisolo e aumenta l’immunità; mentre la musica classica calma costantemente l’ansia e lo stress, altra musica, come l’heavy metal, aumenta la tensione e l’ostilità. Gran parte dell’armonia della musica occidentale, come le sonate per pianoforte di Mozart, si basa sulle proporzioni del rapporto aureo.

Anche la bellezza malinconica può innescare effetti positivi, coinvolgendo i circuiti cerebrali dell’empatia che favoriscono la regolazione emotiva, e inducendo la catarsi, ovvero lo sfogo delle emozioni attraverso l’arte.

Bess ha riflettuto su questo aspetto assistendo agli spettacoli di danza classica cinese di Shen Yun Performing Art. Nel vedere le scene che rappresentano i praticanti della Falun Dafa perseguitati a causa della loro fede, ha detto: «Sei addolorato per quello che sta accadendo a un essere umano, ma senti anche compassione per la sua resistenza».

La bellezza, in questo senso, non è sempre legata al piacere, a volte è una questione di significato.

LA MANIFESTAZIONE ULTIMA DELLA BELLEZZA

«La bellezza è in qualche modo ineffabile» ha detto Rothenberg.

L’ineffabilità può essere il motivo per cui la bellezza spesso evoca soggezione: la sensazione di essere in presenza di qualcosa di grande, sublime e al di là della comprensione.

Le persone esprimono spesso stupore davanti alle meraviglie naturali o ai capolavori dell’arte. Tuttavia, quando lo psicologo Dacher Keltner e i suoi colleghi hanno chiesto a persone di ogni parte del mondo che cosa ispira loro più spesso stupore, la risposta più frequente non è stata la natura o l’arte, ma la bellezza morale. In migliaia di risposte, la fonte di stupore più citata è stata la testimonianza di virtù eccezionali: coraggio, gentilezza, resilienza e altruismo.

James H. Smith, professore di architettura al Fei Tian College, ha affermato che esiste un legame intrinseco tra bontà morale e bellezza: «L’essenza della bellezza è la virtù. Quando il carattere di una persona tende all’altruismo, alla gentilezza e alla tolleranza, questa è la purezza di una persona».

I filosofi hanno contemplato questo aspetto per millenni. Riferendosi a Plotino, il padre del Neoplatonismo, Bess ha detto: «La bellezza è la maschera indossata dalla bontà», aggiungendo che «la bellezza è qualcosa di divino, qualcosa che viene dato agli esseri umani da una fonte divina». Secondo Bess, per percepire e incarnare la vera bellezza nell’arte e nella vita quotidiana, bisogna prima purificare l’anima.

Sebbene questa visione sia di natura filosofica, è ora supportata dalle neuroscienze contemporanee.

In un esperimento pubblicato sulla rivista Social Cognitive and Affective Neuroscience, i partecipanti hanno guardato due tipi di immagini: di bei volti e di atti morali, come un bambino che protegge un piccione ferito con il proprio cappotto. I ricercatori hanno poi misurato l’attività cerebrale mediante risonanza magnetica funzionale.

Entrambi i gruppi hanno mostrato un’attivazione della corteccia orbitofrontale, il “centro della bellezza” del cervello. Mentre la bellezza fisica attivava i percorsi di ricompensa di base, la bellezza morale attivava una rete più ampia di regioni coinvolte nella comprensione sociale e nell’empatia. In altre parole, ha detto Grossi «questa forma di bellezza – la bontà senza ricompensa – esercita gli stessi effetti sul nostro cervello», ma a un livello più profondo ed esteso.

DIFFONDERE IL DNA

Immagine di The Epoch Times, per gentile concessione di Stuart Henry Larsen

Un articolo dello scorso anno, ipotizzava che l’interazione con la bellezza potrebbe persino influenzare il corpo a livello molecolare, cioè che l’esposizione a cose belle, come l’arte o la musica, possa alterare la metilazione del DNA – un processo biochimico che aiuta a regolare l’attività dei geni.

Anche se l’idea rimane speculativa, a un certo livello la bellezza e il DNA sono “fratelli stretti”: un ciclo completo della doppia elica del DNA misura 34 angstrom di lunghezza per 21 angstrom di larghezza. Questi numeri, 34 e 21, costituiscono la sequenza di Fibonacci, lo stesso schema numerico del rapporto aureo. Se tracciato, il rapporto tra le dimensioni del DNA – 1,619 – si avvicina in modo impressionante a 1,618, il rapporto aureo.

Coincidenza o no, è un poetico richiamo al fatto che la bellezza, la simmetria e le proporzioni possono essere intrecciate alla vita stessa, persino alla molecola che ci rende ciò che siamo.

SCOPRIRE IL BELLO

Cappella Sistina. Pubblico dominio

La Cappella Sistina è solo una delle forme di bellezza universalmente ammirate dai milioni di visitatori che ogni anno si ritrovano a guardare gli alti soffitti con stupore.

Secondo Anjan Chatterjee, direttore del Penn Center for Neuroaesthetics, questo tipo di incontri può essere raro e difficile da fare. Ha osservato che ogni giorno la bellezza spesso è “nascosta” in bella vista, ma per vederla bisogna soffermarsi e placare la frenesia della mente, essere presenti nel “momento”.

Se qualcosa vi attira – fiori, colori, disegni o suoni – fermatevi, la bellezza spesso non grida, è più sofisticata e spesso si rivela silenziosamente.

Secondo uno studio pubblicato su The Journal of Environmental Psychology, per le persone che apprezzano consapevolmente l’ambiente circostante, il tempo trascorso nella natura può aumentare la soddisfazione della vita anche del 25%. La manifestazione della bellezza – naturale o artistica, grandiosa o tranquilla – può innalzare l’interiorità, riportando a qualcosa di più elevato.

Platone, più di duemila anni fa, scrisse che quando vediamo la bellezza quaggiù – nella natura o nella creazione umana – ci ricorda qualcosa che va oltre e orienta il nostro sguardo verso l’alto.
Ci sentiamo come se mettessimo le ali per volare più in alto.

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