Hong Kong, si decide su proposta elettorale di Pechino. Perché è importante?

17 Giugno 2015 14:39 Aggiornato: 20 Gennaio 2025 12:52

Entro il 21 giugno i legislatori di Hong Kong esprimeranno il proprio voto sul piano di riforma elettorale sostenuto da Pechino: una proposta che ha portato, nel settembre 2014, alla più grande manifestazione mai avvenuta nel centro finanziario internazionale, con tensioni crescenti nella città.

Il 17 giugno il consiglio legislativo di Hong Kong discuterà il passaggio di un disegno di legge che consentirà a cinque milioni di aventi diritto al voto (su una popolazione di 7,2 milioni) di scegliere il loro massimo funzionario da presentare alle prossime elezioni nel 2017. La votazione è prevista per il 18 o il 19 giugno, e il piano di elezione verrà inviato a Pechino per l’approvazione nel caso due terzi dei 70 legislatori voteranno sì.

Attualmente al disegno di legge mancano quattro voti per l’approvazione, dato che per mesi tutti i 27 legislatori democratici hanno promesso di bocciare il piano di elezione.

Questi legislatori sostengono che la situazione attuale di Hong Kong, che è stata ufficialmente imposta da Pechino a partire dal 31 agosto 2014, corrisponda a una falsa democrazia, perché i due o tre candidati delegati saranno scelti da una commissione di nomina con interessi pro-Pechino.

I sostenitori della democrazia – studenti, professionisti, casalinghe e pensionati – sono rimasti sconvolti dal piano di elezione di Pechino e in risposta hanno occupato le strade principali nei quartieri commerciali e governativi per tre mesi nel 2014, facendo nascere il movimento Occupy Central with Peace and Love. Quest’anno hanno organizzato varie manifestazioni di protesta; l’ultima è stata domenica.

Le persone pro-democrazia a Hong Kong sono consapevoli del fatto che bocciare il voto al disegno di legge significa rimanere con la versione corrente, nettamente antidemocratica, dove il capo dell’esecutivo è scelto da un piccolo gruppo (1.200 persone), non rappresentativo quindi delle élite amiche di Pechino.

Bocciarlo significherebbe per Hong Kong accettare che 1.200 persone d’élite scelgano il capo dell’esecutivo, una cosa inammissibile per le persone desiderose di democrazia.

«Siamo tornati al punto di partenza, ma, questa è la situazione», ha detto Emily Lau, legislatore pro-democrazia, all’emittente americana Voice of America. «È molto tragico… Abbiamo combattuto per diversi decenni ma Pechino ancora non permetterà a Hong Kong di avere delle autentiche elezioni… abbiamo combattuto per tanti anni, e non c’è alcun motivo di smettere».

Il leader studentesco Joshua Wong, il giovane ragazzo del Movimento degli Ombrelli, crede che gli abitanti di Hong Kong dovrebbero iniziare a pensare a come la città possa mantenere i suoi diritti e i privilegi speciali dopo il 2047, quando finirà il principio ‘Un Paese, due sistemi’. Da quando non è più protettorato britannico dal 1997, a Hong Kong è stato consentito di mantenere il suo sistema capitalistico e il suo stile di vita sotto il regime comunista, ma solo per un periodo di 50 anni.

«Il movimento per la democrazia non è la responsabilità di una generazione», ha scritto Wong in un editoriale apparso sul New York Times.

ULTIMA POSSIBILITÀ 

I funzionari cinesi hanno rifiutato di riavviare il processo di riforma elettorale o di allontanarsi dal sistema proposto. Quest’ultima presa di posizione l’hanno espressa chiaramente a un gruppo di 14 parlamentari pro-democrazia, in una riunione a porte chiuse alla fine di maggio.

Pechino «non ha intenzione di cedere di un millimetro», ha detto Alan Leong, uno dei 14 parlamentari, secondo il Wall Street Journal.

Anche il People’s Daily, quotidiano portavoce della Cina, ha pubblicato una serie di editoriali sul piano di elezione nelle ultime settimane. Gli articoli sostenevano che il piano ad agosto fosse fatto nel migliore interesse del popolo di Hong Kong: una linea retorica ripetuta il 16 giugno da Song Ru’an, funzionario del Ministero degli Esteri cinese.

«Se i pan-democratici insistono ostinatamente sul veto alla proposta, la democrazia ad Hong Kong arriverà a un punto morto», ha detto Song. I legislatori, ha aggiunto Song, devono «esprimere un voto responsabile e dare alla proposta una possibilità».

L’attuale leader di Hong Kong e i legislatori pro-establishment hanno espresso posizioni simili.

Il 16 giugno il capo dell’esecutivo Leung Chun-ying ha detto che i legislatori democratici non devono pensare che Pechino riconsidererà le loro richieste in un secondo momento se bocciano il disegno di legge di questa settimana.

Holden Chow, n° 2 dell’Alleanza democratica pro-Pechino per il miglioramento e il progresso di Hong Kong, fa eco a Leung.

«Se questa volta si mette il veto al pacchetto, la prossima volta, tra circa cinque o dieci anni, si avvierà di nuovo la riforma politica, si dovrà affrontare la stessa situazione», ha detto Chow al New York Times. «Ciò significa che mantieni lo status quo, ma stai perdendo il tuo tempo».

ESCALATION? 

Il sentimento popolare mostra l’appoggio al piano di elezione.

Gli ultimi risultati relativi a un sondaggio inerente alla proposta di elezione del capo dell’esecutivo e condotto congiuntamente da tre università di Hong Kong, mostra il 45 per cento dei voti a favore e 41 per cento contrari. Gli oltre mille partecipanti, che hanno risposto ogni volta da quando è partito il sondaggio a fine aprile, hanno generalmente sostenuto la proposta, anche se marginalmente.

Sebbene ci si aspetti che i parlamentari pro-democrazia bocceranno la proposta elettorale, probabilmente ci saranno dimostrazioni vicino ai palazzi del governo nel centro del quartiere Admiralty, quando il disegno di legge verrà discusso e votato.

Se la proposta verrà approvata, le cose potrebbero volgere al peggio, e la polizia di Hong Kong si sta preparando per questo.

Almeno 5.000 agenti saranno pronti nel giorno della votazione, hanno riferito due alti funzionari di polizia a Reuters.

Wong Yeung-tat, il leader del gruppo localista Passione Civica, si è lamentato in un post su Facebook dicendo che la polizia e i giornalisti gli hanno chiesto se avesse intenzione di forzare l’entrata nel palazzo del governo di Hong Kong. Uno dei membri del suo gruppo aveva fatto un’irruzione presso l’edificio LegCo l’anno scorso, come parte delle proteste di Occupy.

Il 14 giugno la polizia ha anche arrestato nove persone e una decima lunedì, con l’accusa di fabbricare esplosivi. Nello stesso giorno, in una conferenza stampa, la polizia ha detto che almeno un membro apparterrebbe a una «organizzazione radicale locale» e aveva maschere di Guy Fawkes, fucili ad aria compressa e volantini che promuovevano il ‘Localismo’, un movimento politico che sostiene gli interessi di Hong Kong nella Cina continentale.

Ray Wong, organizzatore del gruppo localistico HK Indigenous, ha detto martedì in un video su youtube che il suo gruppo potrebbe non attenersi al principio della non-violenza nel caso in cui ci fosse un’altra manifestazione di massa.

«Abbiamo perso la pazienza e la fiducia nella cieca persistenza della pace», ha detto Wong.

Articolo in inglese: ‘Hong Kong is About to Vote on Beijing’s Election Proposal. Here’s Why It Matters

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