Google firmerà il codice di condotta sull’intelligenza artificiale dell’Unione Europea, pur esprimendo alcune riserve. Lo ha annunciato Kent Walker, direttore della divisione legale di Alphabet, la controllante di Google, in un post pubblicato sul blog aziendale il 30 luglio. «Lo facciamo con la speranza che questo codice, nella sua applicazione, favorisca l’accesso dei cittadini e delle imprese europee a strumenti di intelligenza artificiale sicuri e di alta qualità non appena disponibili», ha scritto Walker, esprimendo però timori sul fatto che la legge europea sull’intelligenza artificiale possa frenare lo sviluppo e la diffusione della “tecnologia del futuro” in Europa. In particolare, Walker ha sottolineato che discostarsi dalla normativa europea sul diritto d’autore, ritardare le approvazioni o imporre requisiti che rivelano segreti commerciali potrebbe compromettere la creazione e l’adozione di modelli, penalizzando la competitività.
Lanciato il 10 luglio, il codice europeo punta a diventare uno standard internazionale per l’intelligenza artificiale, il cui ruolo è sempre più centrale nella società. Bruxelles sostiene che l’adesione al codice ridurrà gli oneri amministrativi per le aziende e offrirà al contempo maggiore certezza giuridica rispetto ad altri metodi di regolamentazione. Dal 2 agosto, le imprese del settore saranno obbligate a rispettare le regole europee e a collaborare con l’Ufficio europeo per l’intelligenza artificiale. In particolare, i fornitori di modelli avanzati che presentino rischi sistemici dovranno notificarli all’Ufficio, che assisterà i firmatari nel garantire la conformità.
L’adesione al codice di condotta sull’intelligenza artificiale europeo – redatto da 13 esperti indipendenti provenienti da Europa e Nord America – è volontaria e punta a offrire certezza giuridica ai firmatari e a garantire il rispetto dei requisiti previsti dalla legge, tra cui la pubblicazione di sintesi dei contenuti utilizzati per addestrare i modelli di Ia di uso generale e il rispetto delle norme europee sul diritto d’autore.
A inizio luglio, Brad Smith, presidente di Microsoft, aveva dichiarato: «È probabile che noi firmeremo, ma dobbiamo prima esaminare i documenti». Diversa la posizione di Meta: il 18 luglio, Joel Kaplan, direttore della divisione legale dell’azienda di Mark Zuckerberg, ha annunciato su LinkedIn che non aderirà, citando incertezze legali per gli sviluppatori: «L’Europa sta imboccando la strada sbagliata sull’Ia […] Abbiamo analizzato attentamente il codice di condotta della Commissione Europea per i modelli di intelligenza artificiale di uso generale, e Meta non lo sottoscriverà. Questo codice introduce numerose incertezze legali per gli sviluppatori e misure che vanno ben oltre l’ambito della legge sull’Ia».
Negli ultimi anni, i colossi tecnologici della Silicon Valley — tra cui Apple, Microsoft, Meta e Google — sono stati più volte sanzionati dall’Ue o da singoli Stati membri. Finora, l’intelligenza artificiale non è stata al centro della regolamentazione, ma il suo rapido sviluppo lascia presagire un’attenzione crescente. Nel 2024, Google ha perso il ricorso contro una multa da 2 miliardi 400 milioni di euro inflitta da Bruxelles per aver favorito i propri servizi di comparazione degli acquisti nei risultati di ricerca, a scapito dei concorrenti. In Europa, Google è spesso nel mirino per la Legge sui servizi digitali, che insieme al Regolamento sui mercati digitali costituisce un codice normativo valido in tutta l’Ue. Le sanzioni possono arrivare al 10% del fatturato annuo mondiale per la prima violazione e fino al 20% in caso di recidiva.
Ma Google è sotto pressione anche nel settore della pubblicità digitale. A marzo, la Commissione Europea ha rilevato che, secondo il Regolamento sui mercati digitali, gli sviluppatori di app distribuite tramite Google Play dovrebbero poter informare gratuitamente i clienti di alternative più economiche, indirizzarli verso queste opzioni e consentire acquisti alternativi. La Commissione ha accertato preliminarmente che Alphabet non rispetta questo obbligo e che favorisce i propri servizi — come quelli per lo shopping, le prenotazioni di hotel, i trasporti o i risultati finanziari e sportivi — nei risultati di ricerca di Google, a scapito dei concorrenti.