Gengis Khan fu il fondatore della dinastia Yuán. Sebbene il suo vero nome fosse Temujin , è ricordato come ‘Gengis Khan’, ossia Re degli Oceani o Re del mondo nella lingua mongola. In possesso di eccezionali doti politiche e militari, Temujin riuscì infatti nell’impresa di unificare la Mongolia e istituì un enorme regno, che comprendeva gran parte dell’odierna Cina, la Mongolia e altre zone ancora più a nord.
Memorabili sono gli scontri che lo portarono ad abbattere la dinastia Jin, a sconfiggere la dinastia Xia Occidentale e a eliminare il regno Liao Occidentale, gettando le fondamenta per la dinastia Yuan e ponendo fine a oltre cinque secoli di divisioni interne. Si spinse fino all’Europa, intensificando i rapporti tra le economie occidentali e quelle asiatiche e creando un’articolata rete di scambio culturale.
MENTALITÀ APERTA E MERITOCRAZIA
Fonti storiche avvalorano la predisposizione dei mongoli per il combattimento, tuttavia vi fu un altro motivo importante per cui Gengis Khan vinse così tante battaglie. Possedeva infatti una grande apertura mentale: prendeva sempre in considerazione le idee dei suoi alleati, era una persona generosa che condivideva con tutti i suoi uomini i beni ottenuti dalle guerre e, cosa da non sottovalutare, insegnava a figli e nipoti il rispetto dei soldati. Mostrò anche grande tolleranza verso le tradizioni e le usanze delle popolazioni conquistate, purché queste gli offrissero lealtà: durante l’espansione territoriale che condusse, molte delle religioni che incontrò, come il buddismo, il taoismo e l’islam, vennero introdotte in Mongolia.
Gengis Khan rispettò sempre i suoi nemici e non mostrò alcuna esitazione nell’adottare le loro tecniche di combattimento o di sopravvivenza. Da Jurchen e dai cinesi imparò le tattiche dell’assedio delle città, dalla Prateria centrale (l’allora Cina) e dall’Occidente importò invece l’agricoltura, le tecniche di tessitura e le armi; tutte le tecniche degli altri popoli che assimilò, permisero ai mongoli di ottenere un grande sviluppo e una solida civilizzazione.
A lui non importavano le origini della persona, considerava soltanto l’abilità e il talento, tralasciava i sentimentalismi e dava spazio persino a chi prima gli era stato nemico. Riconosceva l’importanza degli artigiani specializzati e per questo, nei luoghi da lui conquistati era vietato uccidere gli artigiani. Quando si spingeva verso Ovest nelle sue campagne militari, portava con se in Mongolia un gran numero di artigiani. L’esercito mongolo possedeva così armi all’avanguardia ed era organizzato da 500 unità di artiglieria che migliorarono notevolmente le capacità di combattimento.
ISTRUIRE IL FIGLIO CON LA STORIA DELLE CINQUE FRECCE
In giovane età, Temujin ebbe un litigio con il fratellastro Bekter, decise allora insieme al fratello, di uccidere il fratellastro con una freccia. Tornato a casa, la madre lo rimproverò pesantemente per il suo egoismo e gli disse: «Una freccia è facile da spezzare, mentre spezzare un pugno è più difficile». La madre voleva insegnargli che solo l’unità con la propria gente lo avrebbe portato a compiere delle grandi imprese. Le parole della madre lo segnarono a un punto che Temujin imparò la lezione.
L’ANNEDDOTO DEL SOLDATO ‘PUNTA DI FRECCIA’
Nel 1201, durante una battaglia, un soldato nemico di nome Zurgadai della tribù Taichud ferì con una freccia Gengis Khan, che comunque vinse la battaglia.
Una volta che l’esercito sconfitto si dovette arrendere, fu chiesto chi avesse scagliato quella freccia; ricorrendo a una menzogna, si chiese chi avesse colpito il cavallo di Gengis Khan. Con grande coraggio, Zurgadai ammise di essere stato lui, ma puntualizzò di aver colpito il sovrano mongolo e non il cavallo.
Il soldato della tribù Taichud disse a Gengis Khan che sarebbe stato d’accordo a essere giustiziato, ma aggiunse che se gli fosse stata risparmiata la vita lo avrebbe servito fedelmente. Gengis Khan, come era solito agire, apprezzò molto l’onesta e la fedeltà del soldato e gli diede il nome di Jebe (‘punta di freccia’, in mongolo). Jebe diventò uno dei generali più importanti di Gengis Khan, arrivò a conquistare le zone del Mar Caspio, sconfiggendo la Rus’ di Kiev e i Cumani.
«ARRIVANO RAPIDAMENTE COME SE SCENDESSERO DAL CIELO E SPARISCONO IN FRETTA COME IL PASSAGGIO DI UN FULMINE»
Nelle tribù nomadi i mongoli venivano addestrati in tre discipline fondamentali: equitazione, lotta e tiro con l’arco. L’equitazione era necessaria per il pascolo e durante le migrazioni, lottare aiutava a mantenere un’ottima forma fisica, il tiro con l’arco serviva invece per la caccia e la difesa. Queste competenze garantivano all’esercito la sopravvivenza anche in ambienti particolarmente ostili.
La cavalleria mongola era anche nota per la sua velocità: i militari potevano infatti fare incursioni notturne a lunga distanza e raggiungere l’obiettivo in poco tempo. Si racconta che Gengis Khan una volta lanciò un attacco a sorpresa con la sua cavalleria che marciò per oltre 200 chilometri in sole 24 ore. Non c’è quindi da meravigliarsi che la cavalleria mongola venisse descritta in questo modo: «Arrivano rapidamente come se scendessero dal cielo e spariscono in fretta come il passaggio di un fulmine».