Economia cinese, i dati negativi è meglio nasconderli

23 Febbraio 2016 10:44 Aggiornato: 24 Gennaio 2025 16:50

In generale, i mercati sono abituati alla Cina che manipola i propri dati economici o li inventa completamente, come nel caso del Pil. Almeno finora, però, si credeva ai dati sulle riserve valutarie e a quelli sui flussi di capitale pubblicati dalla Banca Popolare Cinese e dall’Amministrazione statale della valuta estera.

Qui entra in gioco il South China Morning Post, secondo il quale la Banca Popolare Cinese avrebbe rimosso un dato chiave di gennaio 2016 sulle transazioni di valuta estera nel sistema bancario. Il dato sarebbe stato rimosso da una relazione intitolata Fonti e usi dei credit funds delle istituzioni finanziarie.

La relazione di gennaio include solo le transazioni di valuta estera effettuate dalla banca centrale ed esclude quelle delle altre banche. Inoltre la relazione mischia un altro dato legato alle transazioni di valuta estera delle banche, compresa quella centrale, con i dati nella categoria ‘altro’, rendendo più difficile distinguere gli attori economici.

NON È LA PRIMA VOLTA

Questo cambiamento appare mentre la Cina attraversa una fase dura: sta perdendo le sue riserve di valuta estera mentre gli stranieri, ma anche i cittadini cinesi, stanno portando via il proprio capitale a un ritmo da record. Le riserve di valuta estera della banca centrale sono diminuite di 99 miliardi di dollari e l’Istituto di Finanza Internazionale (Ifi) stima che 113 miliardi in capitale abbiano lasciato il Paese a gennaio.

Emre Tiftik, che raccoglie i dati per l’Ifi, racconta di aver iniziato a notare movimenti strani nei dati sui flussi di capitale a seguito della svalutazione a sorpresa del renminbi lo scorso agosto. «A cominciare dal terzo trimestre, ci sono così tante oscillazioni in posti piccoli, che creano l’impressione che i funzionari stiano cercando di ridurre i deflussi», afferma.

Un esempio è nella categoria ‘altri asset’ del conto capitale, che rappresenta ‘altre’ affluenze verso la Cina. Secondo Tiftik, non era molto più alto di 50 milioni per trimestre e poi all’improvviso è aumentato a 100 miliardi nel terzo trimestre, riducendo quindi il numero netto dei deflussi.
Gli investimenti esteri diretti, i soldi cioè che i cinesi investono all’estero, figurano fortemente in negativo. Questo significa che i cinesi stanno vendendo asset stranieri e importando denaro in patria: un altro fenomeno che contribuisce al dato complessivo dei deflussi.
«Hanno cambiato completamente i dati degli investimenti esteri diretti, erano a -30 miliardi di dollari e ora sono a -45 miliardi», ha commentato Tiftik.

Robin Koepke, un economista dell’Ifi di lunga esperienza, fa notare un altro caso in cui la Cina ha evitato di riportare dati sconvenienti, a metà del 2015: «Avevamo lo stesso problema quando hanno cominciato a pubblicare più dati sui flussi di portafogli di investimento netti all’inizio del 2014 e poi hanno smesso nell’estate del 2015, proprio quando i mercati sono divenuti volatili», racconta. L’ultimo dato di giugno 2015 mostra un deflusso di 11 miliardi di dollari.

Senza tenere in conto queste mosse irregolari, l’Ifi stima che 637 miliardi di dollari abbiano lasciato la Cina nel 2015.

Ma non è solo negli uffici dell’Ifi e del South China Morning Post che si sente la mancanza dei dati sulla valuta estera detenuta o sulle transazioni della stessa.

Lo scorso ottobre, la professoressa Carmen Reinhart di Harvard osservava che la Federal Reserve aveva smesso di separare in ‘ufficiali’ e ‘non ufficiali’ i detentori esteri di titoli del Tesoro, nella sua relazione Flow of Funds. «Avevano sempre riportato la voce ‘Resto del mondo’, e poi dentro ‘Resto del mondo’ c’era la divisione in ‘Istituzioni ufficiali’ e ‘Non ufficiali’. Nelle ultime due relazioni, hanno smesso di separare in ‘ufficiali’ e ‘non ufficiali’. ‘Ufficiali’ erano le banche centrali straniere. Tra le banche centrali straniere, la Cina faceva categoria a parte. Davvero non so cosa abbia provocato questo cambiamento».

ORA COSA SUCCEDE?

Quando i funzionari smettono di pubblicare certi dati, di solito non è un buon segno. Nel 2006 la Federal Reserve ha smesso di rilasciare i dati sulla cosiddetta ‘M3’, un indicatore di ‘emissione’ monetaria, che include il riacquisto di pronti contro termine. Nel 2008 Lehman Brothers è andata in bancarotta dopo che i mercati finanziari hanno scoperto che si finanziava quasi esclusivamente con i pronti contro termine di breve durata, che aveva fatto troppi debiti e che con ogni probabilità non avrebbe potuto ripagare i creditori.

Per quanto riguarda la Cina, Tiftik ritiene che i cittadini porteranno via i soldi dal Paese in massa, e gli stranieri porteranno in Cina somme poco rilevanti. «Riteniamo che gli influssi non residenziali [gli investimenti degli stranieri, ndr] saranno deboli nel 2016. I deflussi residenziali [gli investimenti all’estero da parte dei cinesi, ndr] aumenteranno nel 2016. La Cina sta diventando il fornitore di capitale del resto del mondo. Questo è inevitabile, succederà».

Ma sarà possibile solo se la Cina manterrà la sua rotta di liberalizzazione della mobilità dei capitali e non imporrà ulteriori controlli al capitale a causa dei deflussi.

Con un conto capitale chiuso e un tasso di cambi stabile, il regime cinese «ha investito valuta estera per conto di privati. Ha accumulato riserve e le ha investite in buoni del Tesoro esteri. Ora i residenti e le aziende stanno cominciando a fornire capitale al resto del mondo con la liberalizzazione dei movimenti di capitali» spiega Tiftik. E se questa mossa portasse a una rapida svalutazione dello yuan nei confronti del dollaro? «È un rischio significativo che abbiamo sul radar – dice Tiftik – E non siamo gli unici preoccupati di questa eventualità».

Articolo in inglese: If It’s Bad, Just Stop Reporting It

 

Consigliati