Docente universitario: la CO2 è tutt’altro che un problema

di Redazione ETI/Sandra Flores
30 Giugno 2025 18:24 Aggiornato: 1 Luglio 2025 9:21

Il cambiamento climatico rappresenta una priorità per numerosi organismi internazionali, come l’Unione Europea, le Nazioni Unite e il governo spagnolo. Questi concordano nell’indicare un aumento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera come causa principale dell’incremento delle temperature globali, con conseguenze potenzialmente catastrofiche, tali da mettere a rischio la vita sul pianeta.
Secondo tali istituzioni, esisterebbe un consenso scientifico che attribuisce all’uomo la responsabilità di questo fenomeno, dovuto alle emissioni derivanti da attività industriali, energetiche, agricole e persino dai veicoli privati.

Ma non tutti gli scienziati sono d’accordo. Javier del Valle, docente di Ingegneria ambientale presso il Centro universitario della difesa, dottore in Geografia e Climatologia all’Università di Saragozza, esperto in gestione delle risorse idriche e coautore del libro Premonizioni insieme ad Alfonso Tarancón, si mostra a dir poco critico: «Io non aderisco alla linea ufficiale sul cambiamento climatico, sono critico […] Io credo che non si stia dicendo la verità. I modelli che prevedevano la scomparsa dei ghiacci al Polo Nord o la sommersione delle Maldive hanno tutti fallito. Ho ritagli di giornale che, anni fa, annunciavano che l’Artico sarebbe rimasto senza ghiaccio entro il 2014 o il 2017. Siamo nel 2025, e questo non è accaduto, né sembra che accadrà a breve».

Il professor del Valle è uno dei 1983 scienziati di fama internazionale firmatari della Dichiarazione mondiale sul clima di Clintel, che nega l’esistenza di un’emergenza climatica e chiede un dibattito scientifico scevro da influenze politiche. È inoltre segretario dell’Associazione dei realisti climatici, i cui principi sostengono che «non vi è alcuna ragione a priori per supporre che il riscaldamento attuale e previsto avrà conseguenze negative» e che l’Ipcc (Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico) sovrastimi il ruolo dei gas serra, sottovalutando invece fattori naturali come la variabilità climatica o le influenze solari e planetarie.

Di seguito riportiamo la sintesi di un’intervista col professor del Valle realizzata dalla nostra consociata spagnola.

La comunità scientifica internazionale sostiene, con ampio consenso, che l’aumento delle emissioni di CO2 di origine antropica contribuisca significativamente al riscaldamento globale. Organizzazioni come l’Onu, l’Unione Europea e numerosi governi avvertono di conseguenze gravi, come lo scioglimento dei ghiacci polari, l’innalzamento del livello del mare e la minaccia per le isole. Lei condivide questa analisi?

In parte sì, ma per la maggior parte no. È innegabile che la concentrazione di CO2 nell’atmosfera stia aumentando: i dati lo confermano. Ed è altrettanto vero che, a partire dal XVII secolo, si registri un lieve incremento della temperatura media mondiale. Non si tratta di un fenomeno recente, ma di un processo graduale. Su questo c’è accordo, e i dati non sono in discussione. Tuttavia, non esiste consenso sull’attribuzione di questo aumento all’attività umana. A livello internazionale, esiste un’organizzazione chiamata Clintel, di cui faccio parte e il cui manifesto ho firmato. Questo documento si oppone all’allarmismo climatico e alla versione ufficiale secondo cui saremmo diretti verso una catastrofe, con lo scioglimento dei poli, l’innalzamento dei mari e la scomparsa di interi paesi. Non condividiamo questa visione, né la relazione diretta tra un aumento delle temperature – che, sottolineo, è minimo, pari a circa un grado in un secolo – e la responsabilità umana come causa principale. Clintel rappresenta una voce critica contro questa pressione: siamo quasi 2.000 firmatari in tutto il mondo. Altro che consenso: il consenso non esiste!

Lei ha confermato che i livelli di CO2 sono aumentati, come dimostrano i dati. È necessariamente una cosa negativa? In alcuni casi, come nelle serre, si utilizzano macchine che producono CO2 per stimolare la crescita delle piante. Si osserva anche un rinverdimento di alcune aree del deserto del Sahara, attribuito proprio all’aumento di biossido di carbonio. Esistono aspetti positivi di questo fenomeno?

La CO2 viene spesso dipinta come un gas nocivo, ma non lo è. Non ha effetti dannosi per l’uomo. Al contrario, nelle serre si introduce artificialmente perché favorisce la crescita delle piante, essendo essenziale per la fotosintesi. Le piante assorbono CO2 ed emettono ossigeno: maggiore è la disponibilità di CO2, più rapida è la fotosintesi e, di conseguenza, la crescita. È un meccanismo semplice. Certo, la CO2 è un gas serra, ma non è l’unico. Anche il vapore acqueo e il metano lo sono, e il vapore acqueo è persino più efficace. Perché allora la linea ufficiale si concentra solo sulla CO2? Perché ci sono interessi nel promuovere l’idea che le emissioni vadano limitate a tutti i costi, spingendo verso una società decarbonizzata a ritmi accelerati. Questo viene presentato come un’urgenza, ma può essere pericoloso, lasciando la società vulnerabile in molti ambiti. La CO2 non è dannosa. Anzi, non solo nel Sahara, ma in molte parti del mondo si osserva un aumento della vegetazione. In Spagna, secondo dati ufficiali del ministero, la superficie boschiva è cresciuta rispetto a 30 anni fa, ed è anche di migliore qualità. Questo è un fenomeno globale: la CO2 non è necessariamente negativa. Nella storia della Terra, i livelli di CO2 sono variati enormemente, spesso senza alcuna influenza umana. Esistono quindi fattori naturali che giocano un ruolo importante.

Lei ha citato il metano, spesso indicato nelle politiche verdi come un problema, in particolare per le emissioni legate alla flatulenza del bestiame. È davvero così? Il metano prodotto dall’allevamento ha un volume sufficiente da influire sul clima del pianeta?

Ne dubito. Il metano è un gas serra molto attivo, ma il principale emettitore non sono le vacche. Le zone umide, come laghi e paludi, sono la fonte primaria. In queste aree si verifica una fermentazione anaerobica, ovvero la decomposizione di materia organica in assenza di ossigeno, che produce bollicine di metano. Milioni di ettari di zone umide, incluse le risaie, emettono quantità significative di metano. Perché allora si punta il dito sugli allevamenti? Sembra che l’obiettivo sia colpire il settore primario, sia l’agricoltura che l’allevamento. È vero che le vacche producono metano, ma dubito che il loro contributo sia significativo rispetto al totale. Non ho dati precisi, ma ritengo che il loro impatto sia marginale.

Qual è l’effetto del metano nell’atmosfera e perché viene considerato così pericoloso?

Il metano è un gas serra, come la CO2, ma con un effetto più intenso, simile al vapore acqueo. L’effetto serra non è intrinsecamente negativo: è ciò che rende la Terra abitabile, trattenendo parte della radiazione riflessa e mantenendo temperature vivibili. Senza di esso, le temperature oscillerebbero tra estremi insostenibili. La presenza di gas serra, come il metano o il vapore acqueo, stabilizza le temperature notturne. Ad esempio, una notte umida e nuvolosa è più mite rispetto a una notte limpida, proprio per l’effetto serra. Se questo effetto sparisse, le temperature crollerebbero a livelli incompatibili con la vita. La temperatura media globale, oggi intorno ai 14-15 °C, senza effetto serra sarebbe di circa -18 °C. L’effetto serra, quindi, è essenziale. Diventerebbe problematico solo se causasse un riscaldamento incontrollato, ma al momento non ci sono prove di questo. Inoltre, in passato la Terra ha conosciuto periodi con temperature pari o superiori a quelle attuali, senza conseguenze catastrofiche.

Esistono tecnologie per modificare il clima, come quelle usate in Cina da anni. Vengono impiegate anche in Spagna?

Sì, vengono utilizzate, e la legislazione spagnola lo consente. Non si tratta di complottismo ma di pratiche reali. In molti Paesi si adottano tecniche per influenzare il clima, e le stesse Nazioni Unite ne parlano apertamente. La ricerca in questo campo esiste da decenni, e l’uomo ha sempre cercato di adattare il clima alle proprie esigenze. Oggi esistono tecnologie che permettono modifiche limitate, anche se non possiamo ancora controllare il clima a nostro piacimento. Paesi come la Cina sembrano disporre di tecnologie avanzate: di recente hanno dichiarato che, entro il 2030, metà del loro territorio – circa 4,5 milioni di chilometri quadrati – sarà sottoposto a programmi di modifica climatica. Durante i Giochi Olimpici di Pechino, la Cina ha sostenuto di aver evitato la pioggia grazie a queste tecniche. Si tratta di fatti ufficiali, non di speculazioni.

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