Crescita cinese ai minimi dal 1990

di Redazione ETI/Artemio Romano
30 Giugno 2025 9:25 Aggiornato: 30 Giugno 2025 17:59

Continua inesorabile la spirale discendente dell’economia cinese. A maggio, i profitti delle grandi imprese industriali cinesi hanno registrato un calo rispetto all’anno precedente, interrompendo la modesta crescita dei mesi precedenti soprattutto a causa della debolezza della domanda interna, insieme all’aggravante delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti. Secondo i dati pubblicati il 27 giugno dall’Ufficio nazionale di statistica cinese (ossia dati ufficiali e quindi, con ogni probabilità, edulcorati) i profitti sono diminuiti del 9,1% su base annua a maggio. Questo ribasso ha cancellato l’incremento dell’1,4% registrato nei primi quattro mesi del 2025, portando il bilancio complessivo del periodo gennaio-maggio a un calo dell’1,1%.

La flessione viene ufficialmente attribuita a diversi fattori, tra cui una domanda effettiva insufficiente, il ribasso dei prezzi dei prodotti industriali e non meglio precisate “fluttuazioni di breve termine”.

Al netto dell’effetto dei dazi americani – i quali, come si è visto, da soli sono in grado di mettere in ginocchio la Cina in brevissimo tempo – a livello settoriale l’industria mineraria ha subito un crollo dei profitti del 29% nel periodo gennaio-maggio, e il settore automobilistico ha registrato una flessione dell’11,9% su base annua, la più marcata dal primo trimestre del 2023, aggravata da una feroce guerra dei prezzi tra i costruttori, che competono per conquistare quote di mercato interne in un contesto di crescenti barriere commerciali all’estero (anche l’Ue, infatti, sembra essersi “svegliata” in questo senso.).

Alcune industrie hanno beneficiato delle “misure di stimolo” del regime (tipiche di ogni regime socialista) come la rottamazione, che dà sussidi in denaro ai consumatori che sostituiscono vecchi elettrodomestici. Grazie a questi incentivi, i profitti dei produttori di dispositivi domestici “intelligenti”  – tipicamente di fascia alta, e quindi comprati da chi la crisi la sente meno – sono cresciuti del 101,5%, mentre i produttori di macchinari generici e elettrodomestici da cucina hanno registrato incrementi a doppia cifra. E i settori aerospaziale, aeronautico e marittimo hanno mostrato una solida tenuta, con un aumento dei profitti del 56%, trainato dal programma cinese di esplorazione lunare con equipaggio e dal lancio di un aereo commerciale di grandi dimensioni prodotto a livello nazionale.

Ma le imprese pubbliche hanno visto i profitti diminuire del 7,4% nei cinque mesi considerati, mentre le aziende private hanno limitato il calo all’1,5%. Le imprese industriali con investimenti esteri, incluse quelle tenute in piedi da investitori di Hong Kong, Macao e Taiwan – e quindi non dal Partito comnista cinese – hanno registrato un lieve incremento dello 0,3%.

I profitti industriali rappresentano un indicatore chiave della salute finanziaria di fabbriche, miniere e utilities cinesi, che influenza spesso le decisioni di investimento nei mesi successivi. Gli ultimi dati evidenziano le difficoltà del regime nel raggiungere gli obiettivi economici stabiliti a livello di partito. A marzo, l’Assemblea nazionale del popolo – lo pseudo-parlamento cinese che, invariabilmente, approva le decisioni del Pcc – ha tenuto la sua riunione annuale e ha fissato l’ottimistico obiettivo di crescita del Pil per il 2025 di «circa il 5%». Nel corso della stessa riunione, riconoscendo implicitamente la debolezza della domanda interna, il regime ha rivisto al ribasso l’obiettivo annuale di inflazione dei prezzi al consumo, portandolo a «circa il 2%», rispetto al 3% degli anni precedenti. Si tratta del target più basso degli ultimi vent’anni.

L’Ufficio di statistica, infine, riporta una crescita “reale” del Pil del 5% per il 2024, dopo l’aggiustamento per l’inflazione. Ma molti economisti indipendenti contestano la veridicità di questa cifra, visto che è noto come il valore ufficiale del Pil divulgato dal regime cinese sia del tutto inaffidabile.
Gli analisti del Rhodium Group stimano  infatti che la crescita reale della Cina nel 2024 sia stata inferiore al 3%, mentre un modello sviluppato dalla Banca di Finlandia, che mette in discussione gli aggiustamenti inflazionistici di Pechino, indica una crescita inferiore al 4%. Escludendo gli anni della pandemia, il dato ufficiale (e quindi edulcorato) del 5% per il 2024 rappresenta il ritmo di crescita più lento della Cina dal 1990. E questo, per il Partito comunista cinese, è molto preoccupante.

 


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