Banane, nastro adesivo e assurdità varie dell’arte moderna

di Redazione ETI/Walker Larson
24 Agosto 2025 10:45 Aggiornato: 24 Agosto 2025 10:45

Non molto tempo fa, qualcuno ha mangiato un’opera d’arte del valore di sei milioni e duecentomila dollari. L’installazione artistica in questione, realizzata dall’italiano Maurizio Cattelan e dal titolo Comedian, consiste in una banana fissata al muro con del nastro adesivo. Forse il visitatore del museo che ha mangiato l'”opera” pensava che facesse parte di uno snack bar gratuito, o forse voleva semplicemente sottolineare l’assurdità di considerare la combinazione di frutta e nastro adesivo un’opera d’arte.

Non è la prima volta che Comedian subisce un destino inaspettato. Nel 2023, un altro visitatore della mostra ha mangiato la banana, spiegando che aveva “fame”, e nel 2024 l’imprenditore di criptovalute Justin Sun ha acquistato una versione di Comedian mangiando subito dopo la banana. L’opera sopravvive alla fame dei visitatori del museo e dei miliardari della tecnologia perché, secondo le indicazioni dell’autore, la banana può essere sostituita… infatti, deve essere sostituita ogni volta che inizia a marcire o ogni volta che qualcuno la ruba per uno spuntino.

Commentando questo episodio, Cattelan ha affermato di essere rattristato dal fatto che il visitatore non abbia mangiato anche la buccia e il nastro adesivo, ritenendo che il visitatore del museo abbia «confuso il frutto con l’opera d’arte».

Permettetemi di proporre un’ipotesi radicale: se gli spettatori di un’opera d’arte sono regolarmente tentati di mangiarla, o se questa deve essere sostituita frequentemente semplicemente per evitare la decomposizione chimica, allora probabilmente non si tratta di un’opera d’arte vera e propria. Probabilmente è un alimento… come una banana.

SOVVERTIRE L’ARTE

Cattelan è noto per il suo gusto nel sovvertire l’arte, tanto che il sito web Artnet lo definisce un «artista provocatore». Secondo la galleria d’arte Perrotin: «Attingendo liberamente dal mondo reale delle persone e degli oggetti, i suoi lavori sono un’operazione irriverente rivolta sia all’arte che alle istituzioni». In sostanza, Cattelan crede che un’opera d’arte nasca semplicemente quando l’autore vuole che qualcosa sia arte, e afferma questa idea estrema di “libertà artistica” per prendere in giro la vera arte, quella di valenza elevata.

Questa posizione totalmente soggettivista dell’arte affonda le radici nella corrente dadaista nata dopo la Prima guerra mondiale. Il movimento si proponeva di attaccare l’arte, la verità e la razionalità come espressione dell’odio dei suoi esponenti per l’ordine costituito e delle loro simpatie rivoluzionarie comuniste. Una delle figure di spicco del movimento, Marcel Duchamp, presentò il famigerato orinatoio a una mostra d’arte sostenendo che si trattasse di una scultura.

I dadaisti si crogiolavano nell’assurdità, divertendosi a capovolgere i valori tradizionali dell’arte e, come Cattelan, sostenevano che qualsiasi cosa, anche un oggetto di uso quotidiano come un orinatoio, potesse essere “arte”, se loro affermavano che lo fosse.

Ma in realtà, il loro impegno consisteva in una costante presa in giro della tradizione secolare artistica nel suo complesso, considerandola un esempio della decadenza della società borghese. I dadaisti e i loro eredi, come Cattelan, ridono di concetti come la bellezza, l’armonia delle proporzioni, la razionalità e la necessità – o il ruolo – che l’arte rifletta il significato oggettivo presente nel mondo.

“ARTE” EGOCENTRICA

Tutto questo si ricollega al concetto moderno di rifiuto della presenza di ordine, significato e verità nell’universo. In passato, gli artisti credevano che il loro lavoro implicasse un incontro con una realtà esterna, spesso di valenza universale, che cercavano di percepire e rappresentare con amore e umiltà.

Come ha scritto il filosofo Josef Pieper in Solo chi ama canta, Arte e contemplazione, un vero artista lavora per «rendere visibili e tangibili nella parola, nel suono, nel colore e nella pietra le essenze archetipiche di tutte le cose, così come ha avuto il privilegio di percepirle».

Un tempo gli artisti credevano che tutte le cose avessero una natura stabile che poteva essere conosciuta e che la nostra conoscenza e il nostro amore per questa natura potessero essere approfonditi attraverso l’esperienza artistica. E attraverso questa esperienza, i nostri cuori e le nostre menti si elevano.

Scrive Pieper: «Laddove le arti sono nutrite dalla contemplazione festosa delle realtà universali e delle loro ragioni sostenitrici, lì in verità avviene qualcosa di simile a una liberazione: l’uscita all’aperto sotto un cielo infinito, non solo per l’artista creativo stesso, ma anche per chi lo osserva».

La grande arte ci porta fuori da noi stessi, in comunione con gli altri e, in ultima analisi, in comunione con il mistero del mondo. Lo fa concedendoci, per così dire, una visione più chiara della realtà.

Pieper osserva che quando perdiamo questa concezione tradizionale di arte, questa si corrompe facilmente: «È soprattutto l’attività artistica che può degenerare, trasformandosi in un gioco ozioso e vuoto o in una forma nuova e sofisticata di frenesia, speculazione e distrazione nervosa».

Con lavori come Comedian, Cattelan e i suoi colleghi sono impegnati proprio in un gioco, ossia nel prendere in giro i veri grandi artisti del passato. Con l’abbandono di ogni regola oggettiva dell’arte, di ogni valore intrinseco e di qualsiasi connessione con la verità, il ruolo della creazione (pseudo)artistica è diventato semplicemente un “fare colpo”, una ricerca di originalità fine a se stessa – con una dose di attivismo politico come contorno.

Nel mondo dell’arte odierno, il fattore che determina quello che è o non è arte non ha più a che fare con il proposito dell’artista legato a un’interpretazione effettiva del significato che si trova nel mondo. Al contrario, risiede esclusivamente in un’idea dell’esecutore, indipendentemente dal fatto che l’opera realizzata possieda o meno un significato o una complessità o implichi una qualsiasi abilità artistica. In questo modo di concepirla, l’arte non ha bisogno di avere alcuna correlazione con la realtà.

L’espressione basata su tali presupposti diventa sempre più egocentrica: l’artista guarda dentro di sé non fuori di sé, e anziché dire: «Metterò nella mia arte qualcosa del mondo, così da poter celebrare il mondo insieme a chi la osserva», pensa: «Metterò me stesso nelle mie opere, così che gli altri celebrino me».

Nel caso di Comedian di Cattelan, la parte che l’autore ha messo di sé nell’opera è il suo senso dell’umorismo bizzarro e sovversivo. Questo è tutto quello che è possibile “celebrare” esponendo una banana attaccata al muro col nastro adesivo. Stando così le cose, Comedian conquisterà la sua giusta fine ogni volta che un visitatore del museo avrà abbastanza fame.