Allarme cinese a Londra

di redazione eti/Aldgra Fredly
26 Giugno 2025 16:35 Aggiornato: 26 Giugno 2025 16:35

Il regime cinese ha rafforzato le attività di spionaggio nei confronti del Regno Unito, minando la democrazia e la sicurezza economica del Paese, secondo quanto riportato nella “Strategia di sicurezza nazionale” pubblicata dal governo britannico. Il documento ufficiale pone l’accento sul potenziamento delle capacità di dialogo con Pechino ma soprattutto sul costruire resilienza contro eventuali minacce del regime.

Il documento evidenzia che la sfida competitiva posta dal regime cinese – dalla modernizzazione militare all’assertività statale nei settori economico, industriale, scientifico e tecnologico – potrebbe avere conseguenze significative per gli inglesi, con sempre più frequenti «Casi di spionaggio cinese negli ultimi anni, oltre a pesanti interferenze alla nostra democrazia e minacce alla nostra sicurezza economica».

Per affrontare queste problematiche, il governo britannico adotterà un approccio guidato da “contro-minacce”, rafforzando la difesa e «implementando le contromisure necessarie», pur mantenendo le relazioni commerciali con la Cina. «Punteremo a una relazione commerciale e di investimento che sostenga una crescita sicura e resiliente, stimolando innanzitutto l’economia britannica». Ma si riconoscono profonde divergenze nei temi come i diritti umani (che alla Cina stanno particolarmente stretti) e la sicurezza informatica, dove le tensioni tra i due Paesi sono destinate a crescere.

Il ministro degli Esteri britannico, David Lammy, ha dichiarato che la potenza attuale della Cina è «un fatto ineludibile» a cui si deve reagire, sottolineando che Pechino è il terzo partner commerciale della Gran Bretagna e la seconda fonte di studenti internazionali nelle università britanniche. «La Cina continuerà a giocare un ruolo vitale nel sostenere la crescita del Regno Unito».

Ma il ministro ha anche annunciato un investimento di 700 milioni di euro destinato ai servizi di intelligence e dei futuri emendamenti della legislazione britannica in merito alle minacce statali, oltre che a un maggiore impegno nel contrastare la repressione transnazionale. Il ministro non ha potuto fare a meno di citare le azioni destabilizzanti del Partito comunista cinese nel conteso del Mar Cinese Meridionale e della questione di Taiwan. «Continueremo a lavorare con i nostri partner regionali per sostenere la libertà di navigazione e denunciare gli abusi da parte della Cina», ha detto, promettendo di mantenere «legami pacifici» con Taiwan in materia di commercio ed educazione.

Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Guo Jiakun, ha risposto alle dichiarazioni del Regno Unito dichiarando che la Cina è disposta ad ampliare le relazioni con Londra, ma non tollera «calunnie o accuse “infondate”». Questo mese Lammy ha incontrato Liu Jianchao, ministro del dipartimento internazionale del Pcc, durante una visita di quest’ultimo nel Regno Unito. Liu avrebbe espresso la volontà della Cina di rafforzare gli scambi ad alto livello, approfondire il dialogo, espandere il consenso e promuovere lo sviluppo delle relazioni bilaterali.

Dopo la partenza di Liu Jianchao, alcuni giornali britannici hanno riportato che il Partito comunista cinese starebbe valutando di revocare le sanzioni imposte nel 2021 su parlamentari e organizzazioni britanniche che hanno “la colpa” di aver criticato le violazioni dei diritti umani in Cina. Alcuni parlamentari sospettano che questa inziativa possa essere legata al progetto di una nuova, imponente ambasciata cinese a Londra. David Alton, un parlamentare sanzionato da Pechino, ha denunciato il 16 giugno su X il possibile «Scambio delle sanzioni imposte ai membri del Parlamento britannico per una mega-ambasciata del regime cinese», evidenziato come un tale atto «sarebbe come vendere l’anima al diavolo, degno di Faust».

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