12 aprile 1989, muore il miglior pugile di tutti i tempi

12 Aprile 2025 9:11 Aggiornato: 12 Aprile 2025 9:12

Sugar Ray Robinson è un nome che scolpisce la storia della boxe con un’eleganza e una potenza senza pari. A trentasei anni dalla morte, avvenuta a Los Angeles il 12 aprile 1989, lascia un’eredità che ancora oggi brilla come un faro per gli amanti dello sport. Con un record di 174 vittorie, 109 delle quali per knockout, in 200 incontri da professionista, è consacrato come il miglior pugile pound-for-pound di tutti i tempi.

«Lui era il più grande. Nessuno ha mai combattuto come lui. Aveva tutto: velocità, potenza, intelligenza. È stato il primo a mostrarmi cosa significasse essere un vero campione» aveva detto il Più Grande di tutti i tempi: Mohamed Ali.

GLI INIZI

Walker Smith Jr. nasce il 3 maggio del 1921 a Ailey, in Georgia, e cresce a Detroit e poi a Harlem, New York, dove scopre la boxe da adolescente. È un talento naturale fin dai primi giorni: veloce, intelligente e con un istinto che sembra prevedere ogni mossa dell’avversario.

Sugar nel 1947. Foto: Wikimedia

Prende il nome Ray Robinson da un documento falso usato per combattere da dilettante, e il soprannome “Sugar” (zucchero) gli viene dato da un allenatore che ammira la sua dolcezza nel colpire.

Come dilettante, conquista il Golden Gloves nel 1939 e 1940, vincendo tutti gli 85 incontri senza mai subire una sconfitta.

Sugar Ray passa al professionismo nel 1940. É in quel momento che la sua carriera prende il volo. Dopo aver messo al tappeto Joe Echevarria, vincendo per knockout al secondo round, dà il via a una serie di 40 successi consecutivi. La sua abilità di combinare velocità, potenza e una difesa impeccabile sbalordisce il pubblico e gli avversari. Robinson non combatte soltanto: danza come se il ring fosse il suo palcoscenico.

IL RE DEI PESI WELTER E MEDI

Conquista il titolo mondiale welter il 20 dicembre 1946, battendo Tommy Bell dopo 15 round di puro spettacolo. La sua performance è un capolavoro: colpisce con combinazioni fulminee, usando il jab per controllare la distanza e schiva con una grazia che confonde l’avversario. Questo incontro segna l’inizio di un regno incontrastato.

Difende la cintura welter cinque volte tra il 1947 e il 1950, affrontando pugili del calibro di Jimmy Doyle, Kid Gavilán e Chuck Davey. Ogni difesa del titolo consolida la sua reputazione di intoccabile.

Contro Doyle, nel ’47, vince per knockout all’ottavo round, ma l’incontro termina in tragedia: Doyle subisce un danno cerebrale e muore alcune ore dopo. Robinson, scosso, istituisce un fondo per la famiglia di Doyle, mostrando una sensibilità che contrasta la ferocia che incarna sul ring.

Nel ’51, sale ai pesi medi e conquista il titolo contro Giacobbe/Jake “Raging Bull” LaMotta nella loro sesta e leggendaria sfida, un incontro noto come il “Massacro di San Valentino” (un riferimento alla strage di Al Capone) per la brutalità con cui demolisce il Toro del Bronx, a sua volta una delle figure leggendarie della boxe.

Ray Robinson mette Ko Reuben Shank, Madison Square Garden, New York. Foto Wikimedia

Sugar Ray Robinson è il primo pugile a riconquistare la corona mondiale dei pesi medi per ben quattro volte, un’impresa che scolpisce sulla pietra il suo status leggendario. Sugar Ray combatte contro i  tutti i migliori del suo tempo (anche da questo si riconosce un grande campione: quando è capace di battere tutti i campioni che ha attorno), da Carmen Basilio a Gene Fullmer, da Randy Turpin a Bobo Olson, e lascia sempre il ring con il rispetto di tutti, anche nelle (rare) sconfitte.

Nel dicembre 1952, dopo aver perso il titolo dei medi leggeri contro Joey Maxim (in un incontro estenuante sotto un caldo torrido, dove collassa per disidratazione), annuncia il suo ritiro. Ha solo 31 anni, ma sembra stanco delle pressioni del ring e vuole dedicarsi a una carriera nel mondo dello spettacolo. Si esibisce come ballerino di tip-tap e cantante, girando gli Stati Uniti e l’Europa, ma il richiamo del ring è troppo forte.

Nel 1955, dopo circa due anni e mezzo di assenza, Robinson torna sul ring. Molti dubitano che possa ritrovare la forma di un tempo, ma Sugar Ray smentisce ogni scettico. Combatte una serie di incontri preparatori per riacquistare ritmo, poi, il 9 dicembre 1955, affronta Bobo Olson per il titolo mondiale dei medi. Conquista la corona con un knockout al secondo round, dimostrando che la sua magia è intatta. Questo ritorno è un trionfo: a 34 anni, Robinson non solo combatte, ma domina con la stessa grazia e potenza di un decennio prima.

L’EREDITÀ DI UN CAMPIONE

Ciò che rende Sugar Ray Robinson unico è il suo stile. Un maestro del jab, con un gancio sinistro devastante e un destro che può buttare giù chiunque. Introduce un ritmo sul ring che è quasi musicale, con movimenti fluidi che confondono gli avversari. Chi lo affronta, afferma di combattere un uomo di “un altro tempo”, come se vedesse il futuro di ogni scambio.

Fuori dal ring, Robinson è altrettanto carismatico, tra Cadillac rosa, abiti sartoriali e frequentazioni delle celebrità di Hollywood. È inoltre uno dei primi atleti afroamericani a controllare la propria carriera, rifiutando di piegarsi alle pressioni razziali dell’epoca. Sugar Ray apre la strada a generazioni di pugili, da Muhammad Ali a Floyd Mayweather.

Ma la vita di Robinson non è priva di ombre, spende infatti intere fortune in uno stile di vita sfarzoso, e le difficoltà finanziarie lo costringono a combattere ben oltre il suo apice. Torna sul ring negli anni ‘60, dopo aver perso parte della sua velocità e potenza, affrontando avversari più giovani in incontri che spezzano il cuore dei suoi fan. Chiude la carriera nel ’65 con una sconfitta contro Joey Archer: ma il suo ultimo inchino è quello di un guerriero.

Dopo il ritiro, Robinson lotta con problemi di salute e finanziari. Gli viene diagnosticato il diabete e, negli ultimi anni, soffre di demenza, probabilmente a causa dei colpi subiti in carriera. Ma rimane una figura leggendaria e amata. Il miglior pugile di tutti i tempi.

Sugar Ray Robinson moriva oggi trentasei anni fa, ma il suo nome vive per sempre. Un pugile, un artista, un innovatore e un simbolo di resilienza che ha ispirato generazioni con il suo stile e la sua determinazione a essere il migliore.

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