Barak: Israele colpisce il Libano perché lo Stato è in mano a Hezbollah

di Redazione ETI/Doron Peskin
2 Novembre 2025 9:21 Aggiornato: 2 Novembre 2025 9:21

Thomas Barak, inviato americano in Libano e Siria, ha commentato ieri, primo novembre, gli attacchi israeliani in Libano durante una conferenza nella capitale del Bahrein: «Israele attacca il Libano ogni giorno […] perché ci sono migliaia di missili che lo minacciano. Dopo il 7 ottobre, Israele ha detto chiaramente che difenderà i propri confini» ha detto l’inviato speciale di Trump, mandando poi un messaggio chiaro a Hezbollah: «deponete le armi e non ci saranno problemi», perché in Libano il tempo per la «diplomazia» è finito. Barak ha poi aggiunto che se i leader libanesi – da lui definiti «dinosauri» –  avessero parlato direttamente con Israele, tutti i problemi forse avrebbero potuto essere risolti in quattro mesi.

«Il Libano è uno stato fallito – ha poi rincarato l’inviato speciale della Casa Bianca – Non ha una Banca Centrale. Il sistema bancario è al collasso. Non c’è elettricità: la gente va avanti con gruppi elettrogeni privati. Per l’acqua e l’istruzione, servono fornitori privati». In questo sfacelo, osserva Barak, «cos’è lo Stato? Lo Stato è Hezbollah». Il Libano, insomma, è ostaggio dell’organizzazione terroristica jihadista, perché «nel sud, Hezbollah fornisce acqua, istruzione» e tutti i servizi essenziali. E, soprattutto, «Hezbollah ha 40 mila soldati, l’esercito libanese ne ha 60 mila» dice Barak, precisando che i miliziani di Hezbollah «guadagnano 2.200 dollari al mese, mentre i soldati dell’esercito libanese ne guadagnano 275»; quanto all’armamento, «Hezbollah ha tra i 15 e i 20 mila razzi e missili, mentre i soldati dell’esercito libanese hanno vecchie jeep e kalashnikov».

Riguardo alle relazioni tra Israele e Turchia, Barak ha commentato: «Attiriamoci ai fatti: il cessate il fuoco a Gaza non sarebbe avvenuto senza la Turchia […] I suoi legami con Hamas e il fatto di non averla dichiarata un’organizzazione terroristica, hanno contribuito a spingere le due parti a raggiungere un accordo».

Ma «Israele è preoccupato per il ruolo della Turchia» ammette Barak, e tra Erdogan e Netanyahu non corre affatto buon sangue: entrambi accusano l’altro di essere mosso da mire espansionistiche, Netanyahu di volere un “Grande Israele” e Erdogan di voler restaurare l’Impero Ottomano. Ma «nessuna delle due cose è vera» ha detto l’inviato speciale di Trump. Anzi: «se tutto continua così e il cessate il fuoco a Gaza regge, ci sarà presto un accordo commerciale tra Turchia e Israele» prevede Barak.

 


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